Insegnamenti       

di 

PADRE RENZO

 

La Voce di Padre Renzo Campetella brani tratti dalle sue omelie e catechesi

"Puoi essere fedele agli altri nella misura in cui sei fedele a te stesso"

 

Il Cristianesimo è la religione del corpo

Per secoli si è diviso materia (e quindi corpo e tutto ciò che è umano) e spirito. Si diceva: "Tutto ciò che è materia muore (il corpo, ad es.), è indegno e spregevole. Tutto ciò che è spirito è elevato e sublime. Umiliamo il più possibile la materia perché emerga lo spirito".

Quando ho fatto la Prima Comunione la suora mi disse: "Non masticare la particola perché fai male a Gesù!". La materia sembrava solo il rivestimento, il vestito dello spirito.

Così alcune persone si sono perfino fustigate in nome di Dio. La maggior parte viveva la negazione per ogni piacere terreno. Santità era non provare piacere per il cibo e le bevande, per le gioie sessuali e l'affetto, per il divertimento e le risa. Andare al cinema era "peccato", come pure andare a ballare. Tutto questo era demoniaco. Affettività era uguale a sessualità: nessun contatto perché tutto era sessuale e pericoloso. Così migliaia di persone sono cresciute senza affetto, senza contatto, a volte neppure con la madre.

Una ragazza mi ha raccontato: "Fino a undici anni mio papà giocava ogni giorno con me. Poi, dopo la prima mestruazione, non mi ha mai più toccata e io mi sono sentita tradita da lui. E mi dicevo sempre: "Ma che cosa gli ho fatto?". Ho sempre odiato il mio essere donna perché per me essere donna aveva voluto dire perdere l'amore".

In verità, non esiste nessun corpo senza spirito e nessuno spirito senza corpo. Cioè: tutti gli uomini che hanno un corpo, hanno anche uno spirito e lo spirito, se esiste in questa terra, esiste solo in un corpo. Il corpo è spirituale e lo spirito è corporeo.

Quando sto male nel corpo anche lo spirito soffre e quando lo spirito sta bene anche il corpo sta bene.

Moltissime delle nostre malattie del corpo sono malattie dell'anima. Potremmo prendere tutti i farmaci che vogliamo, tutti gli antidepressivi che ci prescrivono, ma non ne usciremo perché non è il nostro corpo ammalato ma il nostro spirito. Il corpo è la visualizzazione, lo schermo, del nostro spirito.
Chi non ama il corpo non ama Dio perché il corpo è tempio dello Spirito. Eppure la gente ha tanta paura del corpo. Dire corpo per le persone vuol dire, a volte, pericolo, cose sporche, sesso. Perché il corpo è coinvolgente. Quando tu mi tocchi io non posso rimanere indifferente. Il contatto mi provoca. Mi fa stare bene o mi fa stare male; mi fa aprire o chiudere ma in ogni caso mi coinvolge.

Quand'ero piccolo il mio prete mi diceva: "Il corpo è di Satana". E invece no, il corpo è di Dio. S. Paolo dice che è "Tempio dello Spirito Santo". Allora io sento il bisogno di riconciliarmi con il mio corpo, di conoscere e rispettare i suoi ritmi, il suoi limiti e le sue possibilità; io sento il bisogno di parlare del mio corpo, di amarlo e di volergli bene.

Oggi la società non ama il corpo, non lo accetta e tenta di "rifarselo". Così lo si allarga, lo si riempie, lo si smussa, lo si cambia, lo si tira. La chirurgia estetica fa i soldi sulla nostra incapacità di accettare il nostro corpo.

Molte persone oggi ostentano il corpo perché "è gradito agli occhi altrui", ma non so se chi l'ostenta lo ama davvero. Vedremo fra vent'anni se avranno amore per il proprio corpo! Il corpo ostentato diventa potere (esercita un'influenza sugli altri) ma non amore (star bene in ciò che si è). D'altronde, se si sta bene in ciò che si è che bisogno si ha di ostentarlo? Il mio corpo ha bisogno di me tanto quanto io ho bisogno del mio corpo. Il mio corpo ha bisogno di carezze e di contatto non perché è bello e attraente, ma perché il mio spirito ha bisogno di amore, di essere riconosciuto e toccato.

Il mio corpo ha bisogno di coccole, di abbracci e di gesti affettivi perché l'amore è molto concreto: quando una mamma ama lo fa attraverso le sue mani, il suo seno, il suo corpo e le sue parole. Il mio corpo ha bisogno di contatti veri, profondi, dove io non ho paura, dove l'altro non vuole conquistarmi, dove l'altro non vuole sedurmi (se-durre: attirare a sé), ma mi lascia libero e mi accoglie per quello che sono senza volermi imporre qualcosa.

Il mio corpo ha bisogno di piacere perché il mio spirito brama tutto ciò che è bello, buono, divino.
Il mio corpo ha bisogno di cura non per fare colpo sugli altri, per conquistarli, ma perché prendersi cura del proprio corpo vuol dire prendersi cura della propria anima. Anche a cinquanta, settanta, novant'anni ha bisogno di cura perché io sono una persona con la sua dignità in ogni istante di vita.

Il mio corpo ha bisogno di essere un po' atletico, un po' in forma, non perché così sono un macho o una sex symbol attraente che tutti guardano, ma perché se il mio corpo non è appesantito neanche la mia anima lo è. Ci ingolfiamo di cibo, di sostanze stupefacenti o di alcol proprio perché l'anima è ammalata.

Il mio corpo ha bisogno di digiuno non per essere magro o snello come lo impone la moda, ma perché ha bisogno di disintossicarsi dal troppo, ha bisogno di pause sane per non essere così pieno da non sentire più lo spirito che parla dentro di sé.

Il mio corpo ha bisogno di silenzio, di meditazione, di passeggiate e di preghiera per entrare in contatto con il corpo di Dio che è il mondo e che vive attorno a me, per sentirsi in sintonia e parte di qualcosa che è più grande di lui.

Il mio corpo ha bisogno che io lo stimi, che io lo apprezzi, che io gli voglia bene. Perché se io non lo stimo non stimo me; se lo combatto, combatto me; se lo odio perché è troppo grasso, grande, piccolo o non come vorrei in realtà non odio altro che me; se lo disprezzo, disprezzo me; se lo nascondo o me ne vergogno, è di me che mi vergogno.

Quando vado a fare la Comunione, il Corpo di Cristo viene in me, viene ad abitare in casa mia. Allora: se lo fa Dio lo posso fare anch'io. Lui non si vergogna di venire qui dentro, Lui si degna di abitare nella mia casa e anzi viene per amarla; viene perché è felice d'incontrarmi; viene per diventare un tutt'uno con me: Corpo nel corpo. Allora io devo smetterla di farmi del male e di combattermi.

Devo provare ad amare e ad accogliere questo mio fisico, devo provare a volergli bene e a finirla con il vergognarmi e con il nascondermi.

Quando ogni domenica io ricevo la Comunione, non solo viene detto: "Corpo di Cristo" ed io dico: "Sì". Ma anche: "Corpo di … (ciascuno metta il suo nome)" e Cristo dice: "Sì". Lui è onorato di venire nel mio corpo e il mio corpo è onorato di riceverlo.




 

Dalla Tavola Rotonda "Anticonformisti del Terzo Millennio" organizzata dall'ing. Daniela Troina presso la Casa Editrice Gangemi in Roma il 15 Marzo 2011 in occasione della pubblicazione del suo libro "Ehi Boy!"

Il Senso della vita

Per prima cosa desidero ringraziare Daniela Troina per avermi invitato a questa tavola rotonda. Il tema da lei scelto mi ha subito attratto perché, da quando sono nato, questo tema è stato il motivo trainante della mia vita.

Ho sempre creduto che essere anticonformisti non significhi ribellarsi a delle regole sociali o essere eccentrici, ma significhi essere se stessi. Solo trovando in sé l'uomo vivente e rendendolo autentico noi possiamo realizzarci come persone ed essere utili agli altri. Il senso della vita è tutto qui: essere felici perché abbiamo scoperto i nostri talenti, abbiamo trovato il positivo che è in noi e lo abbiamo portato fuori per viverci dentro!

In tutti noi vi è una grande sete d'infinito e se non riusciamo a farlo nostro è perché siamo inariditi.

In tutti noi vi è un bisogno di certezze e se siamo attanagliati nelle nostre solitudini esistenziali e nelle nostre paure è perché abbiamo perduto i punti di riferimento.

La vita non ha senso se non le diamo senso ed ognuno di noi è chiamato a farlo trovandone le coordinate che l'aiutano a crescere nel positivo e a maturare nella Verità.

Per crescere positivamente abbiamo bisogno di una sufficiente stima di noi stessi. Senza di essa ci sentiamo continuamente incapaci, inferiori e privi di energia per affrontare con determinazione gli impegni della vita.

La stima di sé è correlata all'immagine di sé, all'idea che abbiamo di noi stessi. Un'immagine che acquista un notevole peso nella nostra vita tanto da condizionare ogni nostra esperienza. Ognuno si è fatto un'immagine di sé, che propone agli altri. Ma il più delle volte è un'immagine sbagliata. Il primo obiettivo della conoscenza di sé è, quindi, smascherarsi: imparare a distinguere ciò che siamo realmente da ciò che crediamo di essere.

Tutte le persone portano dentro di sé numerose qualità. Questa constatazione, al di là di ogni evidenza, ci sembra giusto considerarla come "dato di fede". Dio affida a tutti dei talenti, nessuno escluso. Il compito di ciascuno è quello di scoprirli e farli fruttificare. Il rischio è di vivere una vita in una ricerca ansiosa di ciò che non possediamo e non accorgerci di quanto è già nostro. Impegnandoci a cercare le nostre ricchezze, infatti, è più facile che balzino ai nostri occhi i difetti e i limiti piuttosto che i nostri pregi: posare invece lo sguardo sul proprio positivo fa diventare ottimisti, infonde energia.

La stessa realtà può assumere colorazioni opposte. Lo stesso bicchiere può essere visto da alcuni come mezzo pieno e da altri come mezzo vuoto. Purtroppo nella nostra cultura siamo più portati a vedere le cose che non vanno piuttosto che quelle che funzionano bene. Come dice un proverbio orientale: "Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce". Tutto ciò ci deve far riflettere e cambiare prospettiva: è, infatti, possibile costruire solo sul positivo.

Se una madre rimprovera il figlio già triste per il brutto voto preso nel compito per la cattiva grafia, non ottiene il miglioramento del bambino, ma solamente il suo ulteriore scoraggiamento. Se invece la mamma fa notare al figlio che nel compito vi sono delle parole scritte bene aiuterà quest'ultimo ad avere più fiducia e a capire che, come ha scritto bene quelle parole, potrà fare così anche con le altre. Se non vi fosse neppure una parola scritta come si deve, la mamma dovrà andare a cercare anche una sola lettera scritta bene. E se neppure una lettera è scritta bene? La madre farà di tutto per trovare almeno un punto collocato al posto giusto e loderà il figlio per questo: i bambini hanno bisogno di sentirsi incoraggiati e solo così riusciranno a crescere nella propria autostima.

Sono due le modalità per realizzare la nostra maturazione: impegnarsi nello smussare i propri limiti, o tentare di accrescere le proprie potenzialità ed il proprio positivo. Penso che, anche se non si debba dimenticare la prima possibilità, la seconda sia la più semplice da realizzare e la più efficace: è facendo perno sul nostro positivo che possiamo rendere più solida la nostra personalità. Come un pesce non può stare fuori dell'acqua, così anche noi abbiamo un profondo bisogno di vivere immersi nel nostro essere. È questo, infatti, l'habitat in cui possiamo sperimentare gioia, pace, libertà, amore, armonia.

Dobbiamo giungere sempre più ad una consapevolezza emotiva, che sia attenta alle sensazioni che accompagnano l'espressione delle nostre positività più profonde. Conoscere con la mente, ma anche sentire con il corpo, la compassione, l'entusiasmo, la sofferenza, la vita che è in noi. Gli aspetti positivi costituiscono la parte più robusta e più viva della nostra personalità, ad essi dobbiamo conformarci senza condizionamenti per essere noi stessi.

Non ci è lecito essere come tutti ci vogliono: avremmo l'approvazione… ma perderemmo noi stessi. Non ci è lecito fare le leggi che la gente vuole: otterremmo voti e consenso… ma zittiremmo la nostra coscienza. Cercare l'approvazione dei nostri superiori ci libererebbe da molti problemi… ma ci farebbe anche perdere la libertà. Compiacere i nostri genitori ci renderebbe beneaccetti… ma ci farebbe anche rimanere bambini.

Cercare l'approvazione degli altri, per il Vangelo, è demoniaco perché si tratta di rinunciare alla propria missione e alla propria strada.

La conoscenza di sé è un lavoro lungo, complesso, che deve essere compiuto nella Verità. Solo la verità ci rende liberi. Per essere liberi bisogna avere il coraggio di affidarsi a Dio, di fare il "salto nel mistero" e credere che tutto ciò che pare irraggiungibile con le nostre forze diventa possibile con l'aiuto di Dio. Se si affronta il divino con caparbietà o con indifferenza non si può entrare in sintonia con esso, se si pensa a Dio come a un padrone assoluto, tiranno dispotico che ci sfida con la sua superiorità e non tiene conto delle nostre debolezze e difficoltà non riusciremo mai a trovare il senso profondo della nostra vita.

Per trovare il senso della propria vita, ossia per conformarci al bene che è stato progettato per ognuno di noi, si deve essere consapevoli che non siamo tutti uguali. Non facciamo parte di una massa indifferenziata. Non siamo un numero, confuso nella quantità. Non siamo pedine che possono essere sostituite da altre, essere intercambiabili, nel vasto scacchiere del mondo. Siamo esseri unici, inconfondibili, irripetibili.

L'esistenza di ciascuno di noi è un evento originale. Non vi sono due esseri umani uguali. L'elemento fondamentale dell'essere uomini è la unicità. Ogni essere umano ha da dire, da pensare e da fare qualcosa che non ha precedenti. Solo l'incrostazione, il trucco, il conformismo, riducono l'esistenza ad una generalità: <<Essere uomini è una cosa sempre nuova… Essere uomini è una sorpresa, non una conclusione scontata. La persona umana ha la capacità di creare degli eventi. Ogni individuo è una scoperta, un esemplare esclusivo>> (A. J. Heschel).

Non esiste l'uomo medio. Non esiste l'uomo ordinario, tipo, standard. Meglio, esiste soltanto nelle statistiche. Quando una persona accetta di affogare nel conformismo, nella mediocrità generale, compie una specie di suicidio. Un proverbio popolare dice: "Dio l'ha fatto e poi ha gettato via lo stampo". Ciò è vero per ognuno di noi. Dio non lavora in serie. L'uomo non esce da una colossale catena di montaggio celeste che sforna prodotti pressoché uguali. Ogni uomo è un modello originale. Ogni uomo viene creato con delle caratteristiche peculiari che possiede in esclusiva. Dio concede a ciascuna creatura l'esclusiva della Sua immagine: <<Io sono qualcosa che non può essere ripetuto e di cui non esiste copia o sostituto>> (A.J.Heschel). Ogni uomo che nasce ha un compito "unico" da svolgere nel mondo.

Si dice, comunemente, che nessuno è insostituibile. Niente di più falso. Ogni uomo che viene al mondo è insostituibile. Dal momento che è stato creato, è insostituibile alla sua vita, all'amore: ognuno è chiamato a produrre una nota originale, unica, nel concerto dell'universo.

Se non ci realizziamo, se non siamo noi stessi, priviamo il mondo, la Chiesa, di qualche cosa che soltanto noi siamo in grado di produrre. Se non viviamo in pienezza lasciamo mancare la nostra nota necessaria alla sinfonia generale. Una nota che nessun altro può produrre al nostro posto.

Possiamo farci sostituire in un lavoro, ma non possiamo farci sostituire nella vita. Nessuno può sostituire la più piccola creatura che rifiuta il proprio posto nella vita. Per ciò che facciamo possiamo anche essere inutili. Anzi, è igienico possedere questo senso di inutilità. Ma per ciò che siamo, per quello che siamo chiamati ad essere, risultiamo assolutamente indispensabili. La vita non può fare a meno di nessuno di noi. Non ci è consentito di concederci turni di assenza dalla vita.

Dio c'è ed è un Dio che si lascia dare del tu ed è lieto di vederci liberi, felici e cresciuti. Soprattutto, Dio non si pone davanti a noi come un padre noioso per ripararci dal vento gelido della vita, ma ci rende pienamente responsabili delle nostre scelte. Tanto meno Dio è una sedia sulla quale possiamo sederci quando siamo stanchi. Questo Dio lo abbiamo inventato noi.

Quando Dio ci ha creati ha immesso nella parte più riposta del nostro essere un progetto divino che ci avrebbe realizzati. Questo progetto è stato da Lui disegnato in armonia con la nostra personalità e con i nostri moti interiori per renderci felici ed è adeguato alle nostre ricchezze e debolezze. Lui ci lascia liberi di accoglierlo e portarlo avanti o di farlo cadere dimenticando la Sua paternità e, quindi, le nostre origini. È paziente il nostro Dio e ha già progettato un incontro per ognuno di noi, aspetta solo che, bussando alla nostra porta, noi gli apriamo.

Molti pensano, invece, che sia difficile incontrarsi con Dio ma non meditano abbastanza che siamo stati creati a Sua immagine e somiglianza e che, essendo nostro Padre, noi siamo Suoi eredi. Molti dimenticano che Cristo ha condiviso la nostra umanità, che ci ha chiamato amici ed è risorto per fare di noi degli altri Lui.

O prima o poi, tutti riceviamo un appuntamento con Dio. A volte perché lo vogliamo noi, ma il più delle volte perché è Lui stesso a prendere l'iniziativa. Dio è l'amore vero, quello con la A maiuscola e non siamo noi a trovarlo, è lui a trovare noi. A noi è dato solo di accettarlo o rifiutarlo.

Quando questo incontro scatta, è difficile non prenderlo sul serio. Non solo perché pesa nel nostro cuore portando con sé gioia o dolore, felicità o tristezza, a seconda delle nostre risposte, ma soprattutto perché chi non prende sul serio Dio resterà per sempre una persona superficiale e confusa.

Il senso della vita è conformarsi all'idea che Dio ha di noi, è essere quelli che Lui ha creato e portare a termine il Suo progetto di bene e di felicità.

Chi si conforma a questa idea diventa il vero anticonformista del terzo millennio, un millennio che ha bisogno di persone autentiche, di combattenti per la Verità, di Uomini e Donne forti, decisi e decise a uscire dal branco per costruire insieme quel mosaico variegato in cui ogni tesserina brilla grazie alla sua luce e alla sua diversità e rende viva e autentica l'immagine dell'umanità che Dio ha creato.




Dall' omelia dell'8 Dicembre 2010 l'Immacolata Concezione

Maria ha compreso negli anni che Gesù era veramente figlio di Dio, solo con il tempo ha capito che avrebbe fatto cose grandi e solo con la Resurrezione le si è dilatato il cuore!

Maria si stupiva delle risposte che Gesù le dava e delle cose che faceva, le meditava nel suo cuore per dare ad esse una spiegazione. Ha vissuto le paure, i drammi, i dubbi, il buio delle altre donne, di tutte le persone che vivono di fede. Se non capiamo questo, non capiamo il mistero di Maria, non capiamo la festa della Immacolata concezione.

Maria non è una semi-dea, è una donna come tutte le altre donne a cui Dio ha fatto una proposta. Non era facile accettarla per tutte le conseguenze tragiche che la risposta avrebbe comportato, ma Lei accettò ugualmente!

In quel tempo la donna non contava, era solo un oggetto, un grembo da fecondare. Si pensava che fosse l'uomo a contenere la vita. La donna veniva sposata giovanissima perché doveva essere vergine, se per caso avesse avuto un rapporto con un'altra persona il suo grembo si sarebbe contaminato. La legge prescriveva che fosse lapidata ed era il marito a tirare la prima pietra. In quel contesto sociale l'idolatria e l'adulterio erano i peccati più gravi da punire con la morte.

A quei tempi il contratto di matrimonio veniva redatto un anno prima che la coppia andasse a convivere, in quell'anno i due erano sposati pur rimanendo ognuno nella propria casa senza avere rapporti sessuali, solo dopo un anno, in cui il marito preparava la casa, lo sposo andava a prendere la sua sposa e la portava a casa e il matrimonio veniva consumato.

L'Angelo venne ad annunziare a Maria che lo Spirito Santo avrebbe divinizzato il suo grembo perché il figlio che lo avrebbe abitato non era il figlio di un uomo ma era il Figlio di Dio.

La proposta era assurda: come poteva Dio nascere da una donna? Il dono annunciato era così enorme da fare dubitare della sua veridicità: chi sono io per ricevere tanto? Le conseguenze erano tali da spaventare chiunque e poi … come dirlo a Giuseppe suo sposo? Come avrebbe potuto crederle? Poi, cosa avrebbe detto la gente? L'avrebbe considerata una adultera per sempre.

Maria si è fidata di Dio! L'Angelo le aveva detto che anche sua cugina Elisabetta, sterile, avanzata negli anni, attendeva un figlio e che nulla era impossibile a Dio. Fidandosi, il Signore ha potuto operare in Lei cose grandi. Giuseppe più che la legge ha ascoltato il suo cuore e la fedeltà al cuore e all'amore supera sempre ogni precetto religioso.

Su tutti noi c'è un grande progetto di Dio, anche a noi il Signore fa delle proposte e aspetta la nostra risposta, siamo tutti figli suoi in egual misura. Dobbiamo cominciare a fare parlare il nostro cuore. Noi, invece, siamo tutti schiavi, contaminati da quello che pensa la società, da quel che pensano gli altri. Dobbiamo essere persone libere, non possiamo vivere tutta la vita condizionati dagli input esterni che non realizzano la nostra persona.

La verginità di Maria ha un senso nella nostra vita solo se capiamo cosa significa essere vergini e ve lo spiego con un messaggio che ho scritto per questa festività:

 

Cosa può voler dire per noi che Maria era vergine? Ridurre la verginità a una questione biologica è tanto banale come ridurre la fede all'andare in chiesa.

La verginità è una dimensione dello spirito, del cuore e dell'anima. Si può anche non aver avuto rapporti sessuali con alcuno ma non per questo si è vergini nell'anima.

Vergine è chi vive una vita non determinata da altri, dall'opinione altrui, dalle paure o dai condizionamenti esterni, ma determinata dalla vita che sgorga dentro, dalla forza della propria anima, da Dio stesso.

Tutti noi siamo chiamati alla verginità, a vivere cioè una vita non contaminata: "Vivo in contatto con la parte divina che è in me. Faccio crescere il "Gesù Bambino" che vuole nascere in me. Genero la Vita che è dentro di me anche se da più parti mi viene chiesto il contrario. Vivere da vergini vuol dire: "Io appartengo a me e non ad altri; io sono mio e di nessun altro".

Avete presente un cd per il computer? Se qualcuno vi ha già registrato qualcosa allora non è più "vergine" e non si può più scrivere niente sopra. Se tu sei contaminato, "scritto" da altri, non puoi far emergere la tua parte divina. Se altre persone sono entrate nel tuo cuore, nella tua mente e nella tua anima e ti hanno contaminato, tu non puoi più essere te stesso. Allora vivi vite di altri.

Vi ricordate Chernobyl? Per migliaia di chilometri la nube contaminò tutto. Tutto ciò che la terra aveva prodotto in quelle zone non si poteva più mangiare. La nostra vita è così: altri vivono in noi, ci gestiscono e decidono per noi. Allora noi siamo contaminati: non siamo più noi ma siamo delle marionette in mano ad altri.

Sei vergine quando dentro la tua testa ci sei tu e non quello che pensano gli altri. Sei contaminato quando chiedi: "Ma cosa devo fare? Ma cosa è giusto?". Ma tu cosa pensi?

Sei contaminato quando sei sempre triste, depresso, arrabbiato: ma dov'è finito il bambino felice che è in te? Perché non esplode la vita che è in te? Perché non sai più emozionarti, gioire? Dove hai messo il bambino? Il pericolo della verginità è la sterilità: nulla da eccepire sulla tua vita semplicemente perché non vi è proprio nulla.

Non sei felice perché hai perso il contatto con la Sorgente della Vita che è in te. Sei lontano da Lei e non sentendola ascolti pensieri di altri. Per questo non vivi la tua vita e chi non vive la propria vita non può conoscere la propria felicità.

Sei contaminato quando non puoi deludere gli altri, quando fai come tutti, quando ti conformi agli altri o alla maggioranza, quando hai la testa piena di paure o di pensieri.

Quando riduci i tuoi sogni e la tua missione per non esporti troppo, per non rischiare, perché non si sa mai: hai guadagnato "tranquillità" ma hai tradito la tua anima, il Dio che è in te.

Hai perso la tua verginità quando non c'è più nulla di spontaneo, di tuo, ma tutto è calcolato, tutto è ponderato, tutto si conforma all'immagine da dare; hai perso la verginità quando non sai più chi sei. Allora non ci sei più tu dentro di te ma altre cose governano e dirigono la tua vita.

Sei contaminato quando guardi per possedere, per prendere, quando invidi, quando sei avido di quello che gli altri hanno, quando non sai godere della felicità di altri. Sei contaminato quando stai rivivendo esattamente la vita dei tuoi genitori e non te ne accorgi neanche. Sei come loro, ti comporti come loro e per quanto neghi la stai ripetendo.

Ho visto un servizio su di una tribù dell'Australia che per migliaia di anni ha vissuto secondo le leggi della natura … e sono stati felici e in pace. Poi è arrivata la civiltà occidentale: auto, coca-cola, televisione, radio, soldi, armi. La tribù si è "convertita" ed è sparita nel giro di cinquant'anni. Quando perdi la tua identità e ti fai contaminare fai la stessa fine: sparisci!

Il nostro peccato più grande è quello di sparire per conformarci agli altri. Il Peccato non è ciò che è ascrivibile alle nostre miserie, frutto dei nostri limiti e delle nostre fragilità, il peccato è non fidarsi di Dio, il pensare che Dio sia un nemico che vuole inibire la nostra felicità imponendoci dei dictat.

Ma Dio ci ha creati! Dio è Padre! Tutto quello che permette è per il nostro bene! Noi siamo incapaci di goderci la vita! Mi fa paura la stupidità e la banalità con cui tanti vivono il Natale. Questo è un peccato! Stiamo tradendo la realtà della vita e sciupiamo la nostra esistenza. Il fallimento maggiore è quello di arrivare alla fine della vita e rendersi conto che abbiamo fallito, perché abbiamo sempre copiato gli altri e vissuto la vita che gli altri ci hanno imposto.

Preghiamo Maria perché è stata Grande! Non ha avuto privilegi, ha dovuto soffrire come tutti e, gradualmente, comprendere quale fosse il disegno di Dio su di lei. Si è fidata di Dio che ha fatto in lei cose tanto grandi da potere cantare il Magnificat.

Preghiamo Maria che ci aiuti a fidarci di Dio, a vivere il dono della verginità insito dentro di noi e viverlo per il bene nostro e per quello dell'umanità.

 




 

Ritrovare il senso vero del Natale
Natale 2010

 

Ogni bambino è sempre un mistero di novità, di freschezza, di fiducia nella vita.

Ma il bambino che nasce a Betlemme rappresenta addirittura l'amore di Dio che discende e si fa carne nella nostra condizione di povertà e di fragilità.

È un Dio che si fa debole.

È un Dio leggero, leggero come un bambino che ha bisogno di essere accolto dalle nostre mani.

Dio ha bisogno del nostro amore.

Dio si fa piccolo per intenerirci e per comunicarci il suo amore.

Abbiamo accolto finora gli aspetti più facili del Natale.

Ma veniamo ad altri aspetti, più impegnativi.

Se Dio si incarna nella nostra carne di bambino, vuol dire che Dio ci vede tutti e ci sogna tutti nel nostro stato di innocenza infantile.

Il nostro impegno non può essere perciò quello di separare, di dividere, di condannare, ma, per quanto possibile, di salvare, perché in ogni creatura umana, anche la più infamata, c'è un riflesso nascosto del volto di Dio bambino e quindi almeno un germe di innocenza di cui Dio è geloso e che a nessuno è concesso di disprezzare.

È significativo che il primo annuncio della nascita del Salvatore sia stato portato ai pastori, che avevano fama di essere ladri e senza fede.

Da quando il Verbo di Dio si è fatto carne, le vere eresie e le vere bestemmie sono quelle che si pronunciano nei confronti delle creature povere, umili, bisognose di comprensione, avvilite forse dalla colpa, ma non per questo abbandonate da Dio, perché in esse l'amore di Dio rimane fedele.

Sono eresie e bestemmie che riguardano soprattutto i cosiddetti buoni cristiani, i quali mai negherebbero l'incarnazione di Dio a parole, ma non si accorgono di negarla spesso con certi atteggiamenti di intolleranza, di razzismo e di esclusione.

Natale è vero solo se facciamo seguire ai nostri auguri di "Buon Natale" gesti di fraternità che siano come il segno di un abbraccio divino per tutte le creature.

Auguri!




 

Loreto, Santa Casa, 20 Ottobre 2010

Preghiera in occasione dei 20 anni di professione sacerdotale

 

Mio dolce Gesù,

sento nel cuore la profonda gratitudine nella gioia di seguirti,

della vita di Comunione con Te, della Tua Amicizia,

di tutti i tuoi Doni.

Grazie di Amarmi "da Dio" che supera ogni aspettativa

puramente umana.

Grazie di avermi messo nel cuore il desiderio dell'essenziale e nell'anima la fame di Te.

Se guardo la mia vita, non vedo che la scia del Tuo Amore

che mi ha sempre custodito, vegliando su di me, attendendomi fiducioso nel mio ritorno ogni volta che mi sono allontanato e accogliendomi con Amore ogni volta che sono tornato.

La Tua Misericordia con me è stata infinita e ne ho fatto la dolce esperienza ogni giorno.

Nell'oggi che mi è donato di vivere non chiedo altro che poter rispondere al Tuo Amore col mio amore e dirti con esso:

Grazie, per essere la Tua Gioia e Consolazione.

Fammi strumento del Tuo Amore presso i fratelli

ed un testimone della Tua Misericordia.

Vorrei che sulla mia tomba non ci fosse scritto il mio nome ma:

"La mia vita è stata un Dono della Misericordia di Dio".

Grazie, Grazie, Grazie Gesù, per tutto e di tutto.

Grazie per il dono di Maria, la dolce Mamma,

del suo amore materno che sempre mi ha accompagnato.

Grazie per il dono di tanti fratelli e sorelle

che nel cammino della vita mi hai messo accanto.

Grazie per la chiamata alla vocazione religiosa

sulla scia di san Francesco.

Grazie per avermi scelto per essere sacerdote nella Tua Chiesa.

Donami, per il tempo che mi rimane,

di morire a me stesso ogni giorno

perché Tu possa vivere pienamente in me,

così da poter dire: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me".




Dove incontriamo Gesù?
Dall'omelia pronunziata nel 25mo anniversario di saio francescano

Che devo dirvi stasera? Io penso che sia una serata di Ringraziamento.

Non ringrazio tanto Dio perché mi ha chiamato, ne ha chiamati tanti, ma lo ringrazio per questi 25 anni in cui Lui è stato fedele a questo matrimonio! Sapere che dopo 25 anni Dio è rimasto cosi fedele, che Dio non ritira il suo dono, che Dio mi ha chiamato e poi, come dice Lui: chi ha lasciato casa, padre, madre, fratelli riceverà cento volte tanto, mi riempie l'anima… e stasera ne ho la conferma. Quel giorno che sono partito per il convento sono partito da solo… e poi guardate che bella famiglia il Signore ci ha dato! È vero che le promesse che Dio fa le mantiene, non solo per il Paradiso, anche su questa terra e allora sento il bisogno di ringraziarlo alla grande!

Oggi dicevo a Gesù: Gesù oggi è pure la tua festa, perché è l'anniversario del nostro matrimonio!

Quante cose belle! Non vi immaginate quanto è bello, la sera, quando torno nella mia cameretta e vivo questa intimità con Dio! Io spero che, come cristiani, tutti quanti arriviate a questo rapporto col Signore! Perché Dio c'è, Dio c'è! Non saremmo qui se Dio non ci fosse! Dovete riscoprire questa presenza di Dio nella vostra vita, nel vostro quotidiano! Dio c'è, e tutto questo cammino che facciamo è per prepararci all'incontro in cui vedremo Dio faccia a faccia!

Ecco perché sono felice di essere francescano: perché la sera in cui morì San Francesco, disse un grande autore: Finalmente quella notte quando sorse la luna vide un uomo che moriva tranquillo, che moriva sereno, perché sapeva che chiudeva gli occhi a questa terra ma li avrebbe aperti in cielo. Questo è il destino del Cristiano!

Allora che cosa è la consacrazione di un uomo a Dio? È che Dio sceglie, in mezzo a tutti i suoi figli, alcune persone… non le più brave, non le più buone, perché avrebbe scelto non me, ma altri… - dice San Paolo che Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole, Dio ha scelto ciò che nel mondo è disprezzato perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio - ma in mezzo alla comunità sceglie dei figli per servire i fratelli! E non ci dà un premio!

Questa cosa, mi ricordo, la sentii forte il giorno in cui lasciata casa, era il sei settembre dell'ottantadue, andavo a Bellegra dove avrei iniziato il mio postulandato. Ricordo che non parlavo con l'amico che mi portava e sentivo nel cuore la voce del Signore che mi diceva: Ricordati Renzo che questo non è un premio che do a te: è un dono che faccio alla Chiesa!

Questa cosa mi ha sempre sostenuto nei momenti in cui, un po' la confusione, un po' la tentazione, un po' la nebbia mi facevano dubitare persino che Dio mi avesse chiamato. Mi sono dovuto aggrappare a questo momento in cui ho sentito la voce del Signore, e, se oggi siamo qui, è perché il Signore non si è tenuto nascosto! Perciò dico a tutti voi che state qui per il Signore e perché mi volete bene: "Io vorrei chiedere a Dio che stasera, quando tornate a casa, tutti possiate sperimentare la Sua gioia, tutti possiate sperimentare che cosa è l'unione con Lui!". Io sono sicuro che se conoscete Dio, se fate questo incontro personale con Gesù, ve ne innamorate! È impossibile, è umanamente impossibile non innamorarsi di Dio!

Quando sono partito e qualcuno mi diceva che ti è successo? È successa una cosa sola: mi sono innamorato di Dio! Mi ha talmente colpito nella mia vita che ho lasciato casa, lavoro, affetti per seguirLo in questa avventura che poteva essere, umanamente, una bella sola! Perché a trent'anni, con un lavoro sicuro, cominciarsi ad avventurare in qualcosa che non si sa dove poteva condurre, non è facile… perché il Signore chiama, ma non ti fa vedere dove vuole condurti! La fede è come una candela che abbiamo in mano e che illumina il terreno passo, passo, ma quando ti fidi di Dio, poi Dio ti porta avanti. Ecco stasera che facciamo qui!

Sono arrivati tanti auguri, tanti messaggi, ma la cosa più bella che mi hanno detto: Padre Renzo, tanti auguri perché si vede che sei innamorato di Dio! Questa cosa mi fa impazzire, mi fa impazzire sentire che sono innamorato di Dio! È vero però che dobbiamo ancora camminare ed è vero che è tanto difficile perché questa grande fede che abbiamo nel cuore la viviamo nella nostra umanità! Tutti infatti vorremmo essere più bravi, più buoni, più santi: ci si scontra sempre con il proprio caratteraccio, con le proprie tentazioni, con le proprie passioni, con i propri difetti… ma quando scopriamo che Dio ci ama perché siamo così, ci disarma.

Portatevi, allora, questo pensiero stasera: Dio ci ama immensamente per quelli che siamo.

Gesù non è morto perché eravamo bravi, Gesù è morto perché eravamo peccatori e solo Lui poteva salvarci! Dio non ci vuole bene perché siamo bravi e buoni! Dice Gesù che il Padre fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e se il cuore nostro è turbato per mille motivi, sappiate una cosa, che Gesù non è venuto per i sani: è venuto per i malati! Non è venuto per i giusti: è venuto per i peccatori! Perciò, più ci sentiamo peccatori e più prendiamo coscienza che Gesù si è incarnato per noi. Questa è la vocazione francescana!

Ecco, questo allora vorrei condividere con voi: innamoratevi di Dio, non abbiate paura! Noi abbiamo timore di Dio: non so perché per tanti secoli ci hanno solo parlato della giustizia di Dio e non dell'amore del Padre! A me fa impazzire quando leggo ciò che dice Gesù: che siamo figli di un Dio che è Padre! E tante volte mi dico: se un padre umano, come dice Gesù, fa tante cose per un figlio, pensate Dio che può fare per noi!

Dice Gesù: se un figlio ti chiede un pesce non gli dai una serpe, se ti chiede del pane non gli dai una sasso… eppure siamo cattivi…, lo sappiamo che siamo cattivi. Pensate il Padre Nostro celeste che cosa ci può dare se glielo chiediamo! Allora, anche quando permette dei momenti di dolore, dei momenti di prova, come dice San Paolo: Tutto coopera al bene per coloro che Dio ama! Tutto coopera al bene, anche le cose che a noi sembrano disgrazie, anche le cose che a noi sembrano negative. Dice Dio in Isaia: Le mie vie non sono le vostre vie, i miei pensieri sono distanti dai vostri pensieri come il cielo e la terra.

E allora possiamo incontrare Gesù. E dove l'incontriamo Gesù?

Tanti mi dicono: "Padre di chi ti sei innamorato? Dove hai incontrato Gesù?..." Abbiamo dei luoghi in cui possiamo incontrarci con il Signore.

Il primo: è nell'Eucaristia! Tra poco su quell'altare, quel pane e quel vino, grazie alle parole che diremo io e Padre Antonio che siamo poveri peccatori, ma sacerdoti di Cristo, quel pane e vino diventeranno il Corpo ed il Sangue del Signore, pensate un po'! E appena pronunciamo la parola Questo è il mio Corpo, il primo gesto che facciamo è quello di inginocchiarci davanti a quel pane che abbiamo preparato noi.

Dove troviamo poi Gesù? Nella sua Parola. Quest'anno abbiamo fatto il ritiro all'Averna sulla Parola di Dio. Leggete il Vangelo, meditatelo! Pregatelo il Vangelo! Perché un cristiano che non conosce il Vangelo, non conosce Gesù. Saremo sempre cristiani… a metà se non conosciamo il Vangelo.

Altro luogo dove facciamo esperienza di Dio: è nell'autorità della Chiesa, oggi così contestata. Ma Gesù ha detto: Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. Noi dovremmo stare di fronte a chi rappresenta Dio come davanti a Dio. È vero che poi siamo poveri uomini e tante volte ne combiniamo pure noi, nonostante siamo consacrati, ma è vero che Dio poi passa attraverso di noi. Quando confessiamo è Dio che perdona, ma è il sacerdote che assolve. Capite che potere ha dato a poveri uomini? Addirittura di rimettere i peccati! Perciò, dovete pregare per noi, perché possiamo servirvi nel miglior modo possibile. Siamo poveri uomini, abbiamo delle Croci addosso che non immaginate perché conosciamo i segreti di tutti e li dobbiamo custodire nel cuore e portarceli al cimitero! Non ci è permesso nemmeno di fare delle confidenze a degli amici di alcuni segreti che sono nostri e di Dio.

Altro luogo dove facciamo esperienza di Dio è nel fratello.

Quando Gesù ci dice qualunque cosa hai fatto all'altro l'hai fatta a me vuol dire che come trattiamo il prossimo stiamo trattando Dio. Vuol dire che la maniera più bella, più concreta, più vera di amare Dio è quella di amare il prossimo, non ce n'è un'altra, l'ha detto Gesù: l'avete fatto a me!

Perciò stasera vorrei che portaste a casa questi modi in cui possiamo incontrare il Signore. Ma poi ce n'è un'altro ancora più profondo: Dio sta dentro di noi. San Paolo dice che siamo tempio dello Spirito Santo. Dio sta dentro di noi!

Dobbiamo ogni tanto, come dicevano i Santi, chiudere le imposte dell'anima per parlare a Dio dentro di noi. Ecco perché dicevo all'inizio, quando entro nella mia cameretta è il mio Paradiso, perché in quella solitudine so che posso parlare a Dio dentro di me. E siccome siamo tutti battezzati, tutti cristiani, Dio è dentro di noi. Parlate a Dio dentro di Voi. Io vi auguro solo questo, perché il problema, sapete, non è farsi frate, monaca, prete, sposarsi, è sapere qual è la strada che Dio ci chiede di percorrere, perché anche il matrimonio è una vocazione bella, stupenda, ma è un cammino che si fa con un'altra persona per arrivare a Dio. Quando ci si sposa si fa un patto con Dio e si accoglie la persona che Dio ci ha dato. Ecco perché quando qualcuno rompe il matrimonio o tradisce il coniuge, tradisce Dio. Capito fratelli miei, qui dobbiamo essere molto chiari! Dio é fedele a noi in proporzione a quanto noi siamo fedeli a Lui.

Allora ringraziamo il Signore, ma soprattutto facciamo in modo che il nostro vivere su questa terra sia un prepararsi all'appuntamento con Lui, e ve lo dico senza paura: l'aspetto quel momento! L'aspetto perché, ormai, Papà sta in Paradiso, mio fratello sta in Paradiso, tanti amici sono partiti prima di me… arriverà anche il tempo mio! Spero solo una cosa per me e per voi: il giorno in cui il Signore ci chiamerà possa dire anche a noi: "venite benedetti del Padre mio! Perché ogni volta che hai incontrato un fratello hai cercato di dargli tutto te stesso, l'hai amato fino alla fine e ogni volta che hai incontrato e amato un fratello hai amato Dio", ecco la grande chance dei cristiani!

Perciò se stasera uscite da questa chiesa con questa convinzione che ogni volta che incontrate un fratello… buono, santo, peccatore… vi accorgete che incontrate Dio, avrete fatto una rivoluzione nella vita vostra e farete esperienza di Dio, ve lo assicuro! È qualcosa che ho sperimentato quotidianamente.

Ringrazio Dio perché sono felicissimo della mia vocazione, non tornerei indietro neanche se mi assicurassero di fare una vita da nababbo. Allora, ringraziamo Dio che mi ha dato la forza di essergli fedele in questi 25 anni e preghiamoLo per il tempo, lungo o breve, che ancora ci darà, in cui possiamo camminare insieme ed essergli fedeli perché quando si è fedeli a Dio si è fedeli anche ai fratelli. Me lo auguro e ve lo auguro con tutto il cuore.


La festa della famiglia

Tutta la chiave di lettura della nostra storia cristiana è nella frase detta dall'apostolo Giovani: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente". Il cuore esulta nel sentire queste cose. Se noi cristiani comprendessimo questa realtà la vita cambierebbe completamente perché se un genitore fa quello che fa per un figlio durante il breve tempo che gli è dato di vivere sulla terra, pensiamo a cosa fa Dio per noi visto che la nostra vita gli preme per l'eternità.

I genitori di Gesù quando lo smarrirono e lo ritrovarono dopo tre giorni al Tempio tra i dottori, non capirono la sua risposta, restarono stupiti quando Egli disse loro che doveva occuparsi delle cose del Padre suo. Questa risposta di Gesù però ci invita a riflettere sulle vocazioni dei nostri figli per rispettarle.

Il Signore ci ha creati con amore e per amore e su tutti noi ha un suo disegno. I genitori sono i primi educatori dei figli e non devono imporre loro i propri desideri per fare tacere le loro frustrazioni o promuovere le loro ambizioni, essi sono tenuti a farli crescere in un ambiente bello, sereno, pieno di amore perché possano scoprire con serenità la loro vocazione. Dobbiamo ricordare che non sono le cose che facciamo che ci rendono felici ma è il cuore che ci mettiamo. Se noi ci sentiamo pronti per una vocazione che ci ha dato Dio, è quella che ci realizza. Bisogna smetterla di non realizzare sé stessi per adeguarsi alla società in cui viviamo e poi morire pieni di rimpianti.

Se si segue la voce del cuore è più facile fare cose utili alla comunità. Noi siamo come un mosaico, ognuno di noi è una pietruzza che messa però al punto giusto fa nascere un'opera d'arte. Se seguiamo la nostra vocazione certo aiuteremo a migliorare la società, non tutti possiamo diventare pezzi grossi, ma tutti possiamo essere utili.

Oggi è la festa della famiglia, di questa famiglia bistrattata che però sta nel cuore di Dio. Quando il Signore creò l'uomo e la donna si riposò talmente era contento, aveva creato la famiglia! Quando Gesù venne su questa terra poteva venire in mille maniere e invece è venuto in una famiglia, era povero di tutto e la sua ricchezza era costituita da papà e mamma! Quando Gesù fece il primo miracolo lo fece per la gioia di due giovani sposi che festeggiavano il loro diventare una famiglia: ciò vuol dire che essa è nel cuore di Dio. Ecco perché ogni tradimento in famiglia è un tradimento fatto a Dio. Con quanta facilità e insulsaggine invece si tradisce il coniuge! Quando però si offende il coniuge si offende Dio! I figli cresceranno equilibrati, santi e buoni se i loro genitori saranno equilibrati, santi e buoni. Il carattere del bambino comincia a formarsi nel grembo della madre e se la mamma è troppo apprensiva già ne risente. Se nei primi anni di vita nostro figlio invece di crescere tra l'amore e le carezze cresce tra le urla dei genitori che si accusano a vicenda diventerà nevrotico. Se nella coppia l'uomo fa le opere, è la donna che fa l'uomo. Nel senso che nella famiglia non c'è chi comanda e chi ubbidisce, c'è collaborazione e aiuto reciproco. Dietro grandi uomini ci sono sempre grandi donne! Che brutto quando questa gioventù vuole uniformare la sua natura e le donne assumono atteggiamenti volgari ed hanno un linguaggio scurrile, perdono la loro femminilità, il loro fascino. Pensano forse di essere attraenti con il loro comportamento scomposto, ma quando una donna perde la sua grazia non le rimane più nulla, diventa uno straccio e come tale viene trattata. Quando non ci si fa rispettare come donne, si diventa cose, cose da usare e poi gettare via! Un comportamento sbagliato si ripercuote sempre sopra i figli.

Se non diamo i valori ai nostri figli non rimane loro niente, se non li educhiamo al rispetto reciproco e verso i genitori non rispetteranno più nulla nella loro vita. La famiglia è la palestra dove cresce la nostra gioventù, dove crescono gli uomini di domani.

I figli a volte non sono accettati e si ricorre all'aborto con tanta spensieratezza. E' bene fare chiarezza: l'aborto è un omicidio punto e basta! Si uccide una vita perché la vita comincia dal concepimento. Le radiografie ci mostrano oggi che il cuore del bambino batte dopo solo poche settimane, è ora di smetterla con le ipocrisie! La Chiesa ha messo la scomunica per l'aborto perché chi uccide un'altra vita si mette fuori dalla comunità. E' vero che a volte si compiono questi atti per ignoranza, per paura, per impreparazione, ma questi sono peccati così grandi da essere considerati riservati al Papa per essere assolti e solo ai frati è data dal Pontefice la possibilità di accogliere il pentimento e dare l'assoluzione. Dobbiamo essere coerenti, non possiamo prendere dal Cristianesimo solo quello che ci fa comodo.

Recuperate la famiglia allora! non date tutto per scontato! Dite a vostro marito ti voglio bene, un complimento fa piacere a tutti, si è tanto gentili e complimentosi fuori casa e poi dentro casa non ci si scambia mai qualcosa di bello; quando il marito torna stanco a casa e porta lo stipendio ringraziate Dio e dategli un bacio; quando la moglie ha preparato una buona cena ringraziatela, fatele un complimento; quando vostro figlio fa le cose bene mettetegli una mano sulla spalla e ditegli che è bravo; perché guardiamo sempre il lato negativo delle cose e siamo sempre pronti a criticare? Siamo tutti poveri peccatori, non pretendiamo di riconoscerci diversi, accogliamoci così come siamo, abbiamo tutti bisogno di perdono e questo deve venire all'interno della famiglia, non possiamo legarci al dito gli sbagli dell'altro.

Dio benedice il matrimonio quando il suo supporto è l'amore, è la fedeltà. Ogni tanto guardatevi negli occhi, chiedete l'aiuto e la benedizione di Dio perché certi problemi senza il Suo aiuto non siamo in grado di superarli. Parlo dei traumi che vivono i figli quando scoprono che un genitore ha un'altra relazione e non vorrebbero tornare più a casa. L'infedeltà non rovina soltanto la vostra coscienza, ma anche quella dei vostri figli e non vi è permesso. I figli sono un dono di Dio, li avete voluti voi, il Signore ve li ha concessi, ma hanno tutto il diritto di avere un padre e una madre seri, veri, bravi, tutti di un pezzo.

Non lasciate le cose ai figli, lasciate loro in eredità il ricordo bello di voi stessi. Se vedete poi che i figli cominciano a non andare d'accordo per interesse vendetevi tutto, lasciate loro la pace perché è l'unica cosa che ci fa crescere sereni e ci fa stare in grazia di Dio.

La famiglia è la cellula della società, salvata la famiglia abbiamo salvato il mondo; la famiglia è nel cuore di Dio, salvata la famiglia abbiamo anche salvato la Sua Chiesa.


La mia preghiera a Dio Padre

Padre santo, crea in me un cuore nuovo: fa di me un uomo delle beatitudini, secondo l'insegnamento del tuo Figlio Gesù, secondo l'esempio che egli mi ha dato.

Gesù ha proclamato beati i poveri in spirito, e io voglio vincere il desiderio di accaparrare ogni cosa, mettendo tutta la mia fiducia in te.

Gesù ha proclamato beati gli afflitti, e io voglio fare in modo che quanti soffrono trovino consolazione in te e solidarietà in me.

Gesù ha proclamato beati i miti, e mi chiede di dominare lo spirito di prepotenza e di arroganza che sonnecchia dentro di me.

Gesù ha proclamato beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, e io voglio impegnarmi a realizzare ciò che è giusto secondo il tuo cuore.

Gesù ha proclamato beati i misericordiosi, e anche io devo provare maggiore tenerezza verso gli altri, offrire sostegno a chi ne ha bisogno.

Gesù ha proclamato beati i puri di cuore, e io vorrei avere uno sguardo limpido sul creato e un'esistenza trasparente sotto i tuoi occhi.

Gesù ha proclamato beati gli operatori di pace, e io intendo impegnarmi sempre a realizzare la concordia tra i miei fratelli.

Gesù ha proclamato beati voi quando vi perseguiteranno per causa mia, e io so che solo attraverso le difficoltà e le incomprensioni umane renderò credibile il mio amore a te.

Perciò donami con abbondanza, Padre, la forza della tua grazia, perché nelle molte difficoltà del mondo d'oggi io sappia vivere con generosità lo spirito delle Beatitudini, come mi ha insegnato Cristo. Grazie, Padre





Le Beatitudini nella nostra vita quotidiana

 

Le "Beatitudini" sono il cuore del Vangelo. Per comprenderne il significato dobbiamo comprendere il vero valore della parola "Beato". Essa vuole dirci "Dio è con noi".

Se non si capisce il valore delle parole si rischia di fare della religione Cristiana la religione del cordoglio mentre Gesù ci ha parlato di pienezza di gioia. Un cristiano triste è un cattivo cristiano, una fede che non dà contentezza è una fede sbagliata.

Mi sono chiesto allora quando Dio è con noi.

Dio è con noi ogni volta che lavoriamo per la pace. La pace la portiamo quando abbiamo il cuore in pace e non quando manifestiamo nei cortei. La pace è una situazione dell'anima. Quando incontriamo una persona serena ci pacifica anche quando siamo agitati;

Dio è con noi ogni volta che facciamo il primo passo per riconciliarci con chi ci ha offeso. È la parte più difficile, ma Gesù ha detto: amate i vostri nemici;

Dio è con noi se rifiutiamo la violenza. La violenza non è solo quella fisica, ma anche quella verbale perché uccide più la lingua che la spada. A volte con la lingua si ferisce mortalmente un fratello e Gesù ha detto: "qualunque cosa hai fatto agli altri lo hai fatto a me", ciò significa che chi offende un fratello offende Dio;

Dio è con noi ogni volta che lottiamo per la giustizia in favore di chi è oppresso. La giustizia non è solo quella che interessa noi stessi, come Cristiani siamo tenuti a lottare per chi è oppresso, per i deboli, per chi riceve ingiustizia e per chi se la passa male;

Dio è con noi ogni volta che doniamo un sorriso. Il sorriso donato allieta il cuore di Dio. Noi siamo sempre angustiati. Non ci vuole niente a fare un complimento e ad esprimere con un gesto bello la gioia di essere cristiani;

Dio è con noi ogni volta che gioiamo o soffriamo con gli altri. È troppo comodo stare vicino agli altri quando sono allegri e stanno bene, dobbiamo anche stare insieme a chi soffre e non nasconderci dietro la scusa che la sofferenza altrui ci turba e ci fa male;

Dio è con noi ogni volta che regaliamo un gesto di bontà. Dire grazie ad una persona non costa nulla, portare un fiore alla moglie in un giorno feriale in cui non se lo aspetta è un gesto semplice che fa bene al cuore;Dio è con noi ogni volta che ci chiniamo sulle sofferenze altrui. Ricordiamo la parabola del "buon samaritano", Dio lo ha preso a modello anche se era uno scomunicato. A Dio interessa l'uomo ed è l'uomo che dobbiamo aiutare perché, come diceva Paolo VI, ogni uomo è mio fratello. Siamo stati creati tutti a somiglianza di Dio, non solo quelli che la pensano come noi.Dio è con noi ogni volta che sappiamo dire una parola di conforto e di ottimismo. Noi perdiamo la speranza troppo facilmente perché poniamo la fiducia nell'uomo e non in Dio.Dio è con noi ogni volta che asciughiamo una lacrima e doniamo una carezza. È un gesto semplice che riempie il cuore, che dona la gioia di vivere e che dovremmo fare più spesso.Dio è con noi ogni volta che perdoniamo chi non merita il perdono. Bello quel tratto del Vangelo in cui Gesù dice: "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno!". Gesù non ha soltanto perdonato i suoi carnefici, ma li ha scusati. Il perdono può essere a volte usato come atto di superbia, per mettersi sopra un piedistallo, il vero perdono è invece fatto di delicatezza, di carità, di semplicità. Scusare una persona significa comprenderla, entrare dentro la sua anima; a volte infatti alcune azioni sono fatte senza malizia, per leggerezza o per incapacità di comprendere l'altro. Noi siamo abituati a fare il processo alle intenzioni, a dare per scontato che gli altri siano come noi li giudichiamo.

Dio è con noi ogni volta che facciamo posto nel nostro cuore a chi non è amato. "Se volete bene a chi vi vuole bene che merito ne avete?" dice Gesù.Dio è con noi ogni volta che camminiamo mano nella mano guardandoci negli occhi. È commovente vedere le persone che durante la Messa al momento di recitare il "Padre Nostro" si prendono per mano. Dobbiamo fare questa cordata per dimostrare a Dio e a noi stessi che siamo fratelli, che facciamo parte della grande famiglia di figli di Dio e vogliamo camminare insieme. Non ha senso andare alla Messa e poi quando si esce allontanarsi dall'altro salutandolo appena. Si entra in Chiesa per amare Dio e si esce per amare i fratelli.

Quando il Signore ci chiamerà vorrei che possa dirci: "Beati voi che avete preso sul serio le mie parole e le avete messe in pratica perché per voi è il Regno dei Cieli".





Dio all'appuntamento del quotidiano

 

Maria ha avuto il Figlio presente per tanti anni nella casa di Nazaret. Maria è presente, quel giorno, insieme al Figlio, nella casa di Cana.

Non possiamo ignorare queste indicazioni di fondo. Il Signore non accetta di essere "lasciato" in chiesa, sia pure con tutti gli onori. Gradisce un invito per entrare, secondo uno stile di modestia, in casa con noi, e rimanervi condividendo la nostra vita di ogni giorno con le sue pene, le fatiche, le speranze, i guai, le minuscole gioie, le scelte laceranti.

Dio non si accontenta che andiamo a "trovarlo" a scadenze fisse. Gradisce "trovarci" lungo il filo dei giorni feriali.

Nell'abitazione di Cana, Cristo ha compiuto il primo dei "segni". E, sempre in quella casa, "ha manifestato la sua gloria" (Gv 2, 11).

Dobbiamo ancora imparare che Dio "ci fa segno" attraverso il quotidiano. Le cose di cui si serve per farci segno sono quelle che abbiamo davanti agli occhi.

Gli avvenimenti di cui si serve per manifestarsi sono i piccoli fatti della nostra vita ordinaria. Le solite cose, le solite occupazioni, il solito orario ci portano il Dio che intende incontrarci là dove siamo, in quello che facciamo, nello scenario grigio della nostra esistenza di tutti i giorni.

Non è il caso che andiamo a cercare Dio chissà dove. Lui è presente nell'appuntamento del quotidiano.

Non dobbiamo programmare l'incontro per le grandi occasioni, in un contesto di solennità.

Lui si fa trovare, se lo vogliamo, nelle occasioni più comuni, in uno stile dimesso, secondo il cerimoniale dei nostri gesti più comuni.

Occorre imparare a celebrare Dio secondo la liturgia dei nostri giorni feriali. Fargli posto là dove passiamo la maggior parte della giornata.

Lui non si rassegna a essere confinato in un salotto appartato. Sta volentieri in cucina, nello stanzino della portineria, in un corridoio, un'aula, un ufficio, un cortile, una corsia.

Lui ci aspetta, ci segue, sta volentieri con noi. Una presenza poco ingombrante, ma reale. Si accontenta di un rapido sguardo di intesa. E, passandoci accanto, ci butta una domanda: Come va?

Dobbiamo abituarci a far "passare" Dio nei nostri gesti abituali, nel solito lavoro, nell'interminabile corridoio delle piccole occupazioni scarsamente appariscenti. Farlo passare nella nostra stanchezza, negli smarrimenti. Farlo passare nelle nostre difficoltà, nelle speranze, nelle attese interminabili.

Lui deve diventare l'immancabile Passante. Ossia Colui che attraversa insieme a noi il deserto del quotidiano. Colui che passa, con noi, le giornate tutte eguali.

<<Credere significa imparare a leggere gli avvenimenti della propria vita come espressione del passaggio di Dio. Si cede il passo a Dio. Si fa della propria vita questo passaggio. Si passa la propria esistenza a cercare la strada. E poi, un bel giorno, ci si trova a faccia a facci a con un Passante che non è come gli altri. Credere significa accettare di aprire gli occhi, in quel giorno, e bisbigliare - perché no? - "Buon giorno… mio Dio!">>.

…soltanto quando ci accorgeremo che non abbiamo nulla da temere, anzi tutto da guadagnare a causa della sua presenza, avremo imparato a sconfiggere la paura più insidiosa: quella di lasciarci amare.


Pentecoste 2007

Ciascuno di noi ha ricevuto dallo Spirito il proprio dono per la crescita di tutti, per questo la logica che deve sorreggere la nostra vita è la logica del servizio, della disponibilità, dell'accoglienza.

Il mio augurio è che ciascuno di noi sia consapevole che è stato creato in dono agli altri e questa realtà sia vissuta con una testimonianza semplice e sincera della fraternità recuperata nei mille piccoli gesti quotidiani…
fr Renzo

Il tempo di Pentecoste è il tempo dello Spirito Santo, il tempo che la Chiesa vive tra il momento storico dell'Ascensione di Cristo e il Suo ritorno tra di noi nella gloria.

In questo tempo, che costituisce per ognuno di noi l'arco della nostra vita terrena, dobbiamo accogliere lo Spirito e questa accoglienza è condizionata dal nostro saper comprendere e dal nostro voler ricevere ciò che il Signore ci dona.

La prima cosa che lo Spirito Santo ci dà, venendo nella nostra vita, è una maggiore conoscenza ed una più profonda comunione con Cristo Gesù. Meglio: è la vita stessa di Gesù che ci viene donata perché essa sostituisca il nostro vecchio modo di vivere.

Come per gli Apostoli, accogliere lo Spirito in modo tale che Cristo diventi presente e operante in tutta la nostra vita, è una fatica che non ha mai fine, che dura per tutta l'esistenza e noi non dovremmo avere pace finché non avremo fatto dono della nostra vita a Cristo perché, solo in quel momento, avremo portato a termine il nostro impegno.

Accogliere lo Spirito è entrare in comunione più profonda con Gesù e questo fa crescere la nostra carità; una carità che è la consapevolezza di essere gli uni parte degli altri, un solo corpo. Gli occhi si aprono, cadono le squame, il cuore si disgela e si diventa testimoni dell'amore, mandati nel mondo ad annunciare l'amore.

L'efficacia e la fecondità della Chiesa, è proprio data dalla misura con la quale i cristiani sanno accogliere lo Spirito Santo che è loro donato. E' un impegno che non finisce mai perché solo il saperlo "accogliere" dà valore al nostro presente sulla terra. Accoglierlo, riceverlo senza lasciarlo cadere mai, in nessun momento, nonostante la nostra povera, arida ed egoistica umanità è il fine della nostra Cristianità. Allora la Pentecoste sarà un mistero che non passa, un avvenimento che non appartiene alla storia di un tempo che fu, ma all'oggi. Da quando Cristo, sempre pronto a intercedere per noi presso il Padre, manda lo Spirito, la Pentecoste continua e non conosce stanchezza e interruzione.

La Pentecoste, allora, è simile ad un'alba che apre una nuova pagina della vita di un uomo. Essa intuisce anche l'attesa di tanti che cercano Dio e lo amano con cuore puro, pur nei limiti della loro esperienza.


La fiducia di Dio

Dall'omelia della Messa celebrata da Padre Renzo in occasione del suo 56mo compleanno.

Roma, San Sebastiano 6 Febbraio 2007

Fratelli, stasera voglio ringraziare Dio non tanto perché mi ha chiamato, ne ha chiamati tanti, io ringrazio Dio perché si è fidato di me, perché nonostante i miei peccati, nonostante gli abbia girato le spalle tante volte, mi ha sempre poi aspettato con le braccia spalancate e con il cuore dilatato. Vorrei che la fiducia che io ho in cuore verso di Lui questa sera l'avessimo tutti quanti perché è vero che Dio c'è , è vero che c'è! Quanti dubbi ci prendono dalla mattina alla sera, di fronte a tante cose che succedono nel mondo rimaniamo costernati, ma Dio c'è, io vi auguro solo di fare esperienza di Lui, ognuno nella sua vocazione sapete, non è che dobbiamo entrare tutti in convento o diventare tutti missionari, ognuno nel suo posto può fare esperienza di Dio. Se non fosse così questa sera non staremmo qui. Dio c'è! E la rivelazione di Dio è che è Padre, la rivelazione di Dio è che Lui è misericordia, la rivelazione di Dio è che ci vuole tutti in Paradiso. Dio non vuole perderci, io quando sento qualcuno che dice che l'inferno è pieno e il Paradiso è vuoto rimango costernato perché dico: "allora Dio ha fallito", Dio non ci vuole perdere, gli siamo costati troppo! Fino all'ultimo, fino a due secondi prima di esalare l'ultimo respiro sarà lì a dirci: io ti voglio bene, ma tu ci credi a questo mio amore? Io ricordo sempre l'episodio del Buon Ladrone, che era un delinquente, però negli ultimi tre secondi della sua vita, prima di spirare disse a Gesù: Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno e Gesù non gli rispose tu sei un disgraziato, tu sei un assassino ti farai quattrocento anni di purgatorio, gli disse: oggi sarai con me in Paradiso. Questa è la frase che questa sera penso voglia dirci Gesù: un giorno, presto o tardi, vi aspetterò tutti in Paradiso!

Allora speriamo che il Signore ci faccia condurre uniti questa avventura umana e divina che abbiamo cominciata insieme e il giorno che ci chiamerà possa dire a ciascuno di noi: Venite benedetti del Padre mio, perché ogni volta che hai incontrato un povero, una persona sola, una persona nel bisogno l'hai aiutata e così facendo hai aiutato me e questa sarà la nostra salvezza e me lo auguro e ve lo auguro con tutto il cuore.


Non relegate Dio nelle Cattedrali

Uno di voi si è stupito quando ho voluto celebrare la messa in una casa, al termine di una gita, su un semplice tavolo che era servito per il pranzo, dopo una giornata di allegria trascorsa insieme. Ma io con quella messa ho voluto farvi capire che Gesù è sempre in mezzo a noi. Dobbiamo smettere di relegare il Signore nelle chiese, nelle basiliche che sono vuote e a volte anche fredde, più simili a musei che a case di tutti. Abbiamo mangiato insieme, abbiamo giocato, ci siamo raccontati storie divertenti, abbiamo riso e Gesù ha condiviso tutto con noi perché lui vive con noi; è questa la cosa bella che dobbiamo riscoprire: la presenza di Gesù nel nostro quotidiano. E' terribile il fatto che Gesù si sia incarnato per vivere insieme a noi e poi lo releghiamo tanto lontano. E' vero che ci sono delle regole poste dalla Chiesa e le dobbiamo rispettare, ma Gesù per salvare una persona è sempre andato al di là della legge. Rimproverava l'ipocrisia di coloro che lo accusavano di avere guarito un paralitico di sabato e poi erano pronti a salvare l'asino caduto in un pozzo.

Il Vangelo parla di Tommaso che per tanti secoli è stato additato come uomo scettico e di poca fede. Tommaso in verità credeva e tanto, la sua incredulità quel giorno era dovuta solo alla cattiva testimonianza che gli apostoli stavano dando della Resurrezione di Gesù, nel loro volto non vi era la gioia che avrebbe dovuto esservi per un avvenimento così grande. Questo deve farci riflettere, a volte ci sentiamo peccatori e indegni, ma Gesù è venuto per noi, per noi che abbiamo sbagliato e abbiamo bisogno di redenzione. Facciamo entrare Gesù nella nostra vita allora e rendiamolo partecipe del nostro quotidiano.

Io sono spaventato da tutta la gente che mi cerca, che domanda di essere ricevuta perché mi mette addosso una grande responsabilità. Io non sono un santo, sono un povero peccatore con i miei limiti ed ho un bisogno estremo di redenzione e di misericordia per tutte le piaghe che mi porto dietro, ma la cosa bella che mi riempie di gioia sono le parole di Gesù che dice: chi molto ha avuto perdonato, molto ha amato! Questo mi risolve tutti i problemi perché se c'è una cosa che in coscienza posso riconoscere è il mio grande amore per Gesù. Ma gli voglio bene in questa mia umanità, in questa mia precarietà, nelle paure che, come tutti, ho anche io. E' vero che è bello essere sacerdote, ma quanto è duro! Siamo sotto gli occhi di tutti! Durante l'omelia sento che è lo Spirito Santo che parla al posto mio, ma sento anche la mia debolezza e so di essere un piccolo, povero cristiano come ognuno di voi e che il Signore mi sta salvando nella mia povertà. Questa cosa dovete viverla tutti quanti.

Tra poco la nostra Casa Famiglia sarà aperta a chi ha bisogno di solidarietà, il suo futuro è nei piani di Dio che già mi sta facendo intuire qualche cosa: mi è arrivata una lettera che mi ha commosso perché ha inviato un raggio di luce sul suo futuro, è come se il Signore mi avesse voluto illuminare sulla sua realtà attraverso le parole di qualcuno, ve le leggerò il giorno della presentazione. Ho un gran timore in cuore perché se voi, che dovete aiutarmi a portare avanti questo piano, poi non siete aperti a quelli che vengono e verranno, si rovinerà tutto. Guai a noi se creiamo una lobby, chi verrà deve trovare una comunità che sia accogliente, fraterna, aperta, non divisa, altrimenti tutto crolla. Deve essere la casa della carità, la casa di tutti! Spero che Gesù prima di portarmi in paradiso me la faccia vedere realizzata, però ci sono delle cose che non vanno nella mia salute e mi fanno capire che mi devo preparare… quindi mi raccomando, siete voi che porterete avanti questo progetto, ma guai a voi se poi lo tradite non accogliendo tutti quelli che vengono, mi raccomando: deve diventare il luogo dove chi entra possa sperimentare Gesù in mezzo a voi! Questo ve lo chiedo con il cuore in mano, altrimenti ho faticato per niente.

Siete venuti tutti in maniera spontanea da realtà diverse perché non vi ho cercato, ci siamo incontrati! Mi piace tanto stare in mezzo a voi, ma a volte non vengo perché non voglio essere il centro della vostra attenzione, voglio che familiarizzate tra voi e che la comunità cresca. Solo pochi anni fa non ci conoscevamo ed ora siamo una famiglia, così bella, abbiamo fatta insieme una esperienza in Terra Santa che rimane uno dei doni più belli ricevuto dal Padre Eterno, allora mi raccomando. So che ognuno ha i suoi problemi, ma dice Gesù che se li portiamo insieme, riusciamo a portarli con minore fatica. San Paolo dice: Gioite con chi gioisce e piangete con chi piange.

Saremo chiamati annunciatori, a me non scivola niente addosso, tutto quello che mi dite diventa per me esame di coscienza e riflessione perché il Signore mi parla attraverso la gente. Pensate alla storia di questa Casa Famiglia, è nata da un seme così piccolo: dal dolore di un povero padre di famiglia che non conoscevo e che mi ha chiesto di pregare per la figlia non vedente e paralizzata. Questo fatto ha avuto una eco profonda dentro di me, l'ho lasciata crescere, andare avanti e avanti e ora Dio sta realizzando qualcosa di grande e vedrete che avrà un futuro bello.

Fate sempre l'esperienza di vivere con Gesù che è in mezzo a noi! Non solo ora ma anche quando andate al lavoro o siete in famiglia; non immaginate che sete c'è di rapporti autentici e semplici. Che bello se andando al lavoro portaste un seme di cordialità. Il rapporto lavorativo invece è tanto difficile: gente che non si saluta, noiosa, seccante, ma pensate come sono partiti i dodici apostoli: gente ignorante, peccatori, traditori, sono scappati tutti quando Gesù è stato arrestato, erano stati tre anni con lui, li aveva avvisati della sua morte e quando è successo quello che aveva loro annunziato sono fuggiti.

Non ci turbiamo quindi quando arrivano i dubbi sulla nostra fede, sono stupidaggini, è certo che il Signore ci ha creato per amore, è certo che ci vuole bene, è certo che fino alla tomba continuerà a ripeterci: io ti voglio bene. Ricordate il buon ladrone? Si è guadagnato il Paradiso tre secondi prima di morire, gli è bastato dire: ricordati di me e Gesù se l'è portato con lui, questo è il cuore di Dio.

Ringraziamo Dio allora, e cerchiamo di vedere il rapporto con Dio ed il rapporto fra noi in un'ottica nuova. Ogni volta che io leggo il vangelo mi commuovo, è come se mi entrassero nel cuore dei bolidi, qualcosa di forte che mi sta cambiando in questa mia umanità. Come le piante fioriscono nel concime, così la vita nostra fiorisce nella nostra povertà, siamo tutti poveracci e peccatori, ma Dio attraverso noi riesce a fare cose grandi.

(Omelia tenuta da Padre Renzo ai ragazzi nel corso di una gita a Torri il 25 Aprile 2006)



La Solitudine

<< Vi esorto io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto: "Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini".
(dalla lettera di san Paolo Apostolo agli Efesini 4, 1-8)

 

Uno dei dolori più grandi per l'uomo, da sempre, è la solitudine. Non quella dimensione personalissima di meditazione e di intimità con sé stessi, necessaria e sorprendentemente fertile. La solitudine, invece, come abbandono, come assenza di punti di riferimento a cui aggrapparci nelle tempeste della vita. Come sentimento di isolamento, quasi di rifiuto, che può condurre anche alla disperazione. A non riuscire più a rintracciare il senso e il valore del nostro esistere.
La buona notizia di Gesù, attraverso la voce di Paolo, viene a lenire le nostre ferite, soccorrendoci con il calore di un rassicurante abbraccio, la leggerezza di una carezza. La notizia è che siamo uniti nello spirito, attraverso i vincoli dell'amore, della pace, del rispetto, potremo essere permanentemente felici. E' questo che Dio desidera per noi. Solo nell'essere un unico corpo, un unico spirito, solo nell'edificare, insieme, il corpo di Cristo troveremo il senso vero e pieno del nostro essere uomini.

Raccontiamo, allora, a tutti la gioia rasserenante di questa scoperta. Siamone testimoni, andando nel mondo con la forza dello Spirito. Se siamo uniti, non saremo più travolti dal peso schiacciante della solitudine. Sperimenteremo nel nostro quotidiano la straordinaria sfida dell'incontro e del dialogo, l'energia paradossalmente moltiplicata della con-divisione, la ricchezza meravigliosamente gratuita delle diversità, intessute in un'unica stoffa variopinta dal filo dell'amore di Cristo. Amore incarnato nella storia e nel cuore di ognuno, con la sua speciale unicità, con il suo prezioso e necessario carisma.
Non è sempre facile da accettare, da accogliere, la diversità. Lo sentiamo talvolta così "distante" l'altro, uno che non ha niente a che spartire con noi, uno che non ci comprende, che non ci riguarda, che ci ingombra. Il confronto è anche una provocazione scomoda, una domanda imbarazzante ed esigente che impone risposta. Servono umiltà, mansuetudine, pazienza, sopportarsi a vicenda con amore. Ma è l'unica strada, lo scopriamo passo dopo passo, per esprimere compiutamente la nostra umanità e per vivere, qui, già ora, il regno di Dio. Siamo un unico corpo: solo la carità è la verità del nostro essere uomini, è segno di Cristo vivo tra noi. Gesù è salito al cielo, ma la carità rende il paradiso presente.

(dalla Catechesi tenuta il 30 Maggio 2006 da Padre Renzo a San Sebastiano in Roma).

 

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