Realismo e impressionismo formano una terza linea, la via di mezzo: vedere
attraverso un prisma tutto ciò che esplode dalla terra, in un contorno di
cielo e di acque, e farne un motivo dominante, una specie di sigillo che
fissi la formula vincente: colmare l'abisso, partecipare al suono e alla
danza che procede dall'essere; vivere circoscritti nel serto vegetale per
assorbire linfa sempre nuova.
I lavori di Daniela Troina vertono su questo piano. Il rapido linguaggio
la pone nella condizione di fornire una sintesi perfetta: la sobria
contemplazione della natura e delle cose create; il desiderio di fissare
la sua residenza, interiormente, dove le ombre scompaiono dileguate dal
sole. E' il segreto dell'anima, il monito ascensionale, l'elemento
vincente, al di là dello stile, che la spingono sempre più avanti,
nell'immediatezza dell'essere che supera la barriera del suono, gradendo
le antiche sequenze, che si formarono, ai primordi e che ora la inducono
in contemplazione, raffigurando la speranza, nell'iride, o traendo, dalla
realtà contadina, il favo stillante dell'attesa e del completamento: i
casolari, i fiumi, le alture, la città imperiale, o il piccolo giardino
contengono l'infinito e rarefatto seme della Genesi. Tutto appartiene a
chiunque, nella ricerca scientifico-spirituale. Tutto si ricrea
nell'anima, quando gli occhi assorbono avidamente le bellezze create.
L'artista le fa proprie, ne dispone con ampiezza, nella totale adesione al
magnifico nodo di appartenenza. Indissolubile. Ella stessa mare e altura,
nel singolare colloquio con la pienezza del giorno e con il vespro della
cui potenza si tingono le acque.
L'arte è un principio di riflessi, un modulato essenziale di linee
intersecate; è l'incantevole sviluppo della memoria, il procedere arduo
nella vastità interiore; è infine l'idea di assorbire la luce dalla
quale furono tratte le cose. Queste sorgono dal colore, divengono azioni,
nel percorso umano. Ed è l'umanità la formula segreta; essa imprime il
pensiero, avvalendosi di un tenero e splendido calore. L'immagine appaga
se stessa. Non è solo un idea. E' appunto il favo stillante, la scelta di
colmare un circuito. L'artista preme, sulla tastiera misteriosa, perché
il palpito vitale induca in contemplazione. Il dipingere è un' offerta,
la testimonianza che addita il mirabile progetto della Creazione: mostrare
il pensiero fatto forma, l'azione individuale nel sistema cosmico.
Ed ecco lo stile, secondo il clima interiore, in virtù dell'ansia,
moderatrice e ispiratrice.
L'ansia di comporre, per stabilire un punto, al di là del limite, oltre
l'orizzonte.
La raffinatezza dell'opera rivela la sacralità del colloquio.
Questo è il centro. Il nucleo ascensionale. Ella procede, interiorizzando
il tempo, perché tutto abbia legame duraturo. La sua non è un'arte che
si perde, come essenza passeggera. Sa penetrare, danzare nell'anima,
stabilire un accordo. Si manifesta nell'immediato e perdura, radicandosi,
sapientemente, poiché questo è il principio: che nulla venga sottratto
al Creato senza un fine primario: essere nella fonte stessa di
ispirazione. Maria Teresa Palitta
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