Il
magico mosaico dell'intercultura: il rispetto dell'altro
Tavola
Rotonda organizzata
dalla FIDAPA (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari) sezione
di Roma presso
la sala del Cenacolo - Camera dei Deputati - Vicolo Valdina, Roma 21
Gennaio 2008 ore 16.30
Apre i lavori Ringrazio Perché abbiamo organizzato
questo incontro? Per due motivi principalmente: 1)
L’intercultura
è un tema di grande attualità, ne sentiamo parlare quotidianamente
attraverso radio, televisione, stampa. Anche Sua Santità Benedetto
XVI Joseph Ratzinger in un recente discorso ha dichiarato che “la
ricerca e il dialogo interreligiosi ed interculturali non sono un’opzione, ma una necessità vitale per il nostro tempo” Nella società odierna, in cui
la globalizzazione annulla le distanze, nella cultura c’è una continua
evoluzione dovuta all’incontro e al confronto con gli altri, nella
speranza di giungere ad una convivenza civile basata sul rispetto
reciproco. A questo proposito l’Unione
Europea ha proclamato il 2008 l’anno europeo per il dialogo
interculturale, assegnando quindi a questo tema una grande importanza e
dando l’input per il passaggio dalla fase della Multiculturalità,
intesa come dialogo tra culture, alla Interculturalità come
compenetrazione di valori, idee e prospettive. )
motivo: il tema dell’ intercultura si inserisce perfettamente nel
tema nazionale della Fidapa proposto per il biennio 2007- 2009:”Alla
ricerca di un valore perduto….il rispetto”. Quindi rientra nel nostro
lavoro approfondire questo argomento per sensibilizzare sempre di più
l’opinione pubblica verso una reciproca accettazione superando i
sentimenti di diffidenza e di paura irrazionale nei confronti del diverso.
E’ necessario un dialogo che dia la consapevolezza dei diritti umani e
del rispetto dell’altro come presupposto per la pace nel mondo e per
costruire una società democratica, una società in cui le differenze
siano vissute come risorsa, opportunità di confronto e crescita culturale
e non come motivo di discriminazione in base al genere, all’etnia, alla
religione, alla diversità in generale. Bisogna
costruire network interculturali ed acquisire una mentalità e un
comportamento cosmopolita. Oggi la capacità di
comunicare, di condividere con gli
altri , in modo efficace le proprie emozioni, pensieri e conoscenze sta
assumendo un ruolo sempre più importante nelle relazioni personali e
professionali. Ci auguriamo che sia sempre un arricchimento reciproco e
continuo per tutti. Ora qualche parola sulla
nostra socia FIDAPA Ing. Daniela Troina coordinatrice del convegno. Recentemente un giornalista ha
scritto un articolo su di lei intitolandolo: un’ingegnera prestata
all’arte. Infatti, oltre che ingegnere,
Daniela è pittrice. E’ l’autrice dell’ acquarello “Passaggi”
realizzato appositamente per la copertina del volume “Il magico mosaico
dell’intercultura” e che noi abbiamo riportato sul cartoncino
dell’invito, “ regalando (uso le parole della curatrice del libro
Giovanna Spagnuolo) visivamente i moti, l’energia, le sfumature,
l’armonia cromatica che sono proprie dell’idea di intercultura e
donando emozione e gusto dell’estetica”. L’arte è vista
dall’autrice come mezzo di incontro e di dialogo. La metafora del mosaico nel
titolo del libro ben rappresenta, mi sembra, il concetto di intercultura. Daniela Troina Magrì socia
Fidapa, ingegnere e artista. laureatasi in ingegneria a 21 anni, (MBA
Bocconi) ha svolto la carriera manageriale nel gruppo IBM ricoprendo
anche la carica di Amministratore Delegato della società finanziaria. Nei
suoi 25 anni di attività in IBM in Italia e all'estero (Parigi, Londra)
ha gestito organizzazioni di business complesse operanti non solo in
paesi della Comunità europea, ma anche nei paesi del bacino del
Mediterraneo (Turchia, Israele) con le loro diversità politiche,
culturali, religiose. Proprio in questo contesto ha vinto nel 2003
il premio come migliore donna manager europea assegnatole dalla European
Union Women Association per aver attivamente contribuito allo sviluppo
della nuova Società dell'Informazione in Europa. (Lavorando con
entusiasmo a fianco di governi europei e del mediterraneo e
realizzando progetti di e-government li ha supportati nella trasformazione
da strutture burocratiche tradizionali in fornitori di servizi al
cittadino.) Nell'ambito della Fidapa ha
predisposto il progetto LEALMENTE (Leadership etica e affari) di cui
parleremo in uno dei prossimi seminari.dove sarete tutti invitati. Come artista è presente in
cataloghi di arte contemporanea e sta esponendo anche in questi giorni (e
fino a fine febbraio) presso il locale Vernissage a Piazza S.Eustachio. Ora la parola a Daniela che introdurrà il tema e
presenterà i relatori Daniela
Troina Magrì (DTM) Ve
li presento: Il
professore Salvatore Bonfiglio docente di diritto costituzionale
italiano e comparato all’Università di Roma3 Padre
Renzo Campetella
Francescano La
professoressa Paola Liuni Vice Presidente nazionale di Archè
Quello
dell’intercultura è un tema centrale per la nostra società e in questo
tema mi sento impegnata come persona nello svolgimento di tutte le mie
attività inclusa la comunicazione artistica: infatti, come dice il Prof.
Abruzzese, le arti hanno ancora il linguaggio giusto per dire
ciò che è difficile ascoltare, ciò che c’è ma non si vede, ciò
che si vive ma non si sa dire. In Italia i lavori della
Comunità europea inizieranno il prossimo 12 febbraio, con un convegno a
Roma. Nel corso dell'anno, poi, alle iniziative nazionali, si
accompagneranno sei dibattiti che si svolgeranno a Bruxelles, ciascuno
dedicato ad aspetti specifici quali media, arti e patrimonio, luogo di
lavoro, dialogo interreligioso, istruzione e gioventù migrazione e
integrazione. E'
un tema, quello del dialogo interculturale, molto sentito dai cittadini
europei, stando ai risultati di una recente indagine Eurobarometro. Circa
tre su quattro (72%), infatti, ritengono che le persone con un diverso
bagaglio etnico, religioso o nazionale arricchiscano la vita culturale del
proprio paese. Nel lavoro, in particolare, la differenza culturale viene
considerata come un vantaggio competitivo per l'83% delle imprese tra
quelle che attuano una politica della diversità, confermando quanto
proclamato dall’UNESCO che da tempo afferma che la diversità culturale
è una delle radici dello sviluppo inteso non semplicemente in termini di
crescita economica ma anche come mezzo per raggiungere un’esistenza più
soddisfacente dal punto di vista intellettuale emotivo morale e
spirituale. La
tavola rotonda di
oggi si articola in due parti: nella prima i nostri relatori inquadreranno
l’argomento e porteranno la loro esperienza ed il vissuto nelle loro
realtà specifiche per poi aprire il dibattito con il pubblico
A
Giovanna Spagnolo il compito di inquadrare
il tema dell’intercultura. Giovanna
con grande lungimiranza ha presentato già
ad ottobre 2007 presso Giovanna
è ricercatrice Isfol consulente ed esperta di life long learning , la
fomazione continua per aduti che poi è alla base della crescita e del
progresso sociale. (Dice spesso Padre Renzo non mi preoccupano tanto i
cattivi quanto gli ignoranti.) Giovanna
è specializzata in diritto del lavoro e in scienze organizzative ed ha
maturato significative esperienze di formazione manageriale e
pianificazione strategica in Telecom Italia Corporate. Vicepresidente per
il Lazio dell’AIF Associazione Italiana Formatori componente di vari
comitati tecnico-scientifici e commissioni presso organismi europei e
internazionali Giovanna Spagnolo L’Unione
Europea – oltre cinquecento milioni di abitanti, terza dopo Le
differenze culturali afferiscono ai vari aspetti delle identità culturali
degli individui: le origini geografiche, l’etnia, il genere, le lingue,
il background educativo e sociale, gli orientamenti religiosi e filosofici[4].
E’ su tali orizzonti che si instaura il dialogo affinché chiunque viva
nell’Unione si senta partecipe alla costruzione di una società
interculturale. Un dialogo a cui già è stata data priorità nelle
politiche e in molte iniziative e programmi europei. Il
dialogo interculturale contribuisce a perseguire una serie di priorità
strategiche: da un lato rispettare e promuovere la diversità culturale in
Europa e la cittadinanza attiva europea aperta al mondo; dall’altro
includere la rinnovata strategia di Lisbona per la quale l’economia
basata sulla conoscenza richiede persone capaci di adattarsi ai
cambiamenti e di beneficiare delle possibili fonti di innovazione per
sviluppare prosperità, giustizia e coesione sociale. Sono
obiettivi di ampio respiro che muovono dalla consapevolezza
dell’importanza di sviluppare la cittadinanza attiva europea basata su
valori comuni: il rispetto per la dignità umana, la libertà, l’equità,
la non discriminazione, la solidarietà, i principi democratici e il ruolo
della legge. Il
dialogo interculturale è una strategia nei campi dell’educazione, della
cultura, dello sport per combattere la discriminazione e l’esclusione
sociale e nel contempo un principio guida nelle relazioni che l’Unione
Europea intrattiene con i Paesi Terzi. La
politica estera comunitaria è orientata da tempo a perseguire efficaci
strategie di “buon vicinato” con i Paesi dell’Area del Mediterraneo,
i Balcani, i Paesi dell’Europa orientale, i Paesi del Caucaso e
dell’Asia centrale, verso i quali privilegia alcune priorità di
intervento quali il sostegno per le riforme istituzionali e amministrative
nel Territorio, la promozione attraverso i contatti tra i principali
Attori a livello decisionale ed operativo di modelli e azioni di
trasferibilità delle politiche e delle best practises europee per
contribuire nel medio-lungo periodo allo sviluppo del capitale umano e
sociale, non solo in Europa. Nel
dare continuità al disegno di costruzione di una cittadinanza europea
l’Unione dichiara il 2007
Anno Europeo delle Pari Opportunità per Tutti[5]
che per
realizzarsi deve necessariamente effettuare il passaggio obbligato: dalla
multicultura intesa come dialogo tra culture per il rispetto reciproco
alla intercultura come contaminazione di valori, idee, prospettive per
attuare un progetto comune di convivenza civile e sociale. L’intercultura,
quindi, supera il carattere meramente descrittivo della concezione
multiculturale - dialogo tra culture per il rispetto reciproco – per
instaurare un terreno di mediazioni e negoziazioni sui valori,
orientamenti e comportamenti ai quali ispirare le scelte individuali e
collettive tra soggetti appartenenti a culture diverse che convivono in
una stessa comunità. Un
corpus di diritti e di valori-guida affermati a livello internazionale che
favoriscono il riconoscersi in una mappa valoriale di una cultura della
mondialità a cui poter ispirare i comportamenti civici individuali e
collettivi, le azioni decisionali e politiche in chiave interculturale e
solidale. Incoraggiare
la consapevolezza della maggiore salvaguardia e promozione della diversità
culturale, anche attraverso la diffusione nei media e nelle reti
professionali e civiche, può sostenere una più forte sensibilità al
pluralismo culturale comprendendo come i diritti culturali siano parte
integrante di diritti umani universali. Scegliere
la prospettiva interculturale significa assumere la diversità come
paradigma e occasione di apertura a tutte le forme nelle quali si
esprimono le differenze di genere, di provenienza geografica, di etnia, di
background scolastico e culturale, di orientamento religioso e filosofico
così da superare i pregiudizi e gli stereotipi promuovendo il confronto e
il dialogo nel rispetto dell’altro. Riferimenti
bibliografici Decisione
del Parlamento e del Consiglio Europeo concernente l’Anno Europeo del
Dialogo Interculturale, Bruxelles, 5/10/2005, COM (2005) 467 M. Kilani, L’invenzione dell’altro. Saggi sul discorso antropologico, Edizioni Dedalo, Bari, 1997 E.
Morin, Penser l’Europe,
Gallimard, Bussière a Saint-Amand (Cher), 1990 M.
Santerini, Intercultura, Editrice La Scuola, Brescia, 2003 G.
Spagnuolo (a cura di), Il magico mosaico dell’intercultura. Teorie, mondi, esperienze,
Franco Angeli, Milano, 2007
Unesco,
The right to Education. Towards
Education for all throughout life. World Education Report,
Parigi, 2000
DTM L’aspirazione
a valori universali sanciti è antica e risale alla Magna
Charta libertatum del 1225, al Bill dei diritti da cui sono nati i
Trattati del governo di John Locke, alla dichiarazione dei diritti della
rivoluzione americana, alla rivoluzione francese del 1793 fino alla
Dichiarazione dei diritti Universali dell’ONU
1948. Al
professor Bonfiglio chiediamo aiuto per capire meglio a che punto siamo
sul versante giuridico e costituzionale Salvatore
Bonfiglio insegna Istituzioni di diritto pubblico e Diritto pubblico
comparato (corso avanzato) nell’Università degli Studi Roma Tre, dove
è direttore del Laboratorio multimediale e di comparazione giuridica del
Dipartimento di Studi Internazionali. Ha
svolto la sua attività di docente anche in Spagna e in Francia E’
autore di numerose pubblicazioni È
direttore responsabile della rivista “La cittadinanza europea”. Salvatore
Bonfiglio di
Salvatore Bonfiglio Il
rispetto dell’altro, della dignità umana, dei principi di eguaglianza e
di solidarietà sono elementi costitutivi di una cultura dei diritti
umani. Quest’anno
ricorre il 60° anniversario della Costituzione italiana e della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ciò costituisce una buona
occasione per riflettere sulla cultura dei diritti umani e sulla loro
tutela. La nostra Costituzione repubblicana, infatti, «riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» (art. 2 Cost. it.). Nel
nostro ordinamento costituzionale, dunque, i diritti inviolabili non sono
connessi all’universalismo astratto, tant’è vero che si fa
riferimento all’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali. Si
tratta di una concezione che affonda le sue radici nel personalismo
comunitario che supera la visione dell’individuo-astratto. In un certo
senso possiamo dire che i diritti inviolabili sono riconosciuti come
naturali in quanto storicamente radicati. In tale prospettiva, la cultura
dei diritti umani, nel favorire il dialogo interculturale, deve
riconoscere la pluralità delle concezioni filosofiche, culturali e
religiose che ne costituiscono le radici, deve liberarsi dai suoi tratti
ideologici, che la identificano come cultura egemone occidentale. Si
tratta, dunque, della necessità di riconoscere diverse e, perfino,
divergenti culture dei diritti umani. L’universalismo,
però, non va di per sé condannato ma semmai deideologizzato. E per
questo occorre il rispetto dell’altro, non inteso come mera tolleranza
ma come confronto tra identità diverse, ma non statiche, aperte alla
contaminazione culturale. Infatti, ciò ha portato al riconoscimento di un
nucleo fondamentale di diritti umani: il diritto alla vita e alla
sicurezza, il diritto a non essere torturati, il diritto alla protezione
sanitaria, ecc. Non è un caso che la nostra Costituzione repubblicana
tuteli la salute come fondamentale diritto dell’individuo (art. 32
Cost.it). Occorre
riconoscere l’importanza simbolica dell’universalità, in modo tale
che ci sia un accordo fra quasi tutti gli Stati e i popoli del mondo per
riconoscere e tutelare un numero sempre più ampio di diritti umani. Tale
convergenza non può che essere graduale e, quindi, va ricercata
attraverso il dialogo interculturale. Non
si possono imporre determinati valori in nome dell’umanità e, magari,
pretendere di “esportare la democrazia” e i suoi valori, perché
questo porta alla guerra perpetua contro un nemico deterritorializzato,
dunque, più pericoloso, visto che può essere in ogni luogo (dentro i
nostri confini, le nostre città, generando un senso diffuso di
insicurezza e di paura). La
paura è il principio della tirannide. Per questa ragione occorre evitare
il rischio che nella lotta al terrorismo internazionale i limiti alle
libertà personali, la negazione della dignità umana
conducano le democrazie a negare se stesse. DTM
"La ricerca e il dialogo interreligiosi e interculturali non sono un’opzione, ma una necessità vitale per il nostro tempo".
Per
presentarlo in maniera già esaustiva forse basterebbe dire che è un
frate Francescano, vorrei solo aggiungere che Padre Renzo ha preso i voti
in età matura (dopo i 30 anni) avendo avuto modo già di esprimere il suo
pieno impegno familiare, politico,
sociale e professionale come infermiere. Come
francescano ha svolto la sua attività nelle carceri, nella scuola come
insegnante di religione e di filosofia. Padre
Renzo è uno spirito libero e autentico portatore di quella libertà
attiva di cui parlava anche Ralph
Darendorf nelle sue lezioni all’università di Essen. Una libertà
intesa non come situazione ma come capacità di realizzare chances
di vita per tutti. Libertà come sfida all’attività, all’estensione
di chances di vita dei vincenti a tutti gli altri. Io
ho imparato a conoscere Padre Renzo e ad approfondire il suo messaggio
attraverso le sue omelie dalle quali emerge un messaggio di vita cristiana
che si realizza proprio nella relazione con gli altri. Grazie
a Padre Renzo per aver accettato di partecipare a questa tavola rotonda Padre
Renzo Campetella
Il
Magico Mosaico dell'Intercultura: il rispetto dell'altro di
fr Renzo Campetella Apparteniamo
ad un epoca di mobilità delle persone e di globalizzazione, il mondo è
diventato stretto, i popoli si vanno avvicinando e le culture diverse si
trovano in contatto. Questa è una realtà comune a tutto il mondo, chi
non la riconosce o la prende sotto gamba è cieco ed alienato dalla realtà
stessa. L'incontro
delle diverse culture può determinare delle incomprensioni che, se mal
gestite, si tramutano in scontro. Se accolte invece con una visione spalancata sul
futuro del mondo può creare i presupposti di una progresso comune, di una
civiltà che sa riconoscere nel diverso
una ricchezza da accogliere ed una fonte di rinnovo personale. Il
termine che mondialmente studia questo incontro
è quello di Intercultura.
Si muovono le istituzioni di tutti i paesi, si muovono le
scuole, si muovono i movimenti culturali e sociali, la politica incentra i
suoi programmi su questo fenomeno che, dobbiamo dirlo, a volte è visto
come un problema
e non come un progresso. Problema o non, esso è un movimento
irreversibile perché nasce dalla necessità delle persone di comunicare,
di conoscersi, di stare insieme senza perdere la propria identità. Molte
sono state le conferenze mondiali per discutere di intercultura, proporre
delle strade per costruire attraverso questa realtà un progresso che
porti alla pace, alla fraternità nel rispetto dell'altro, alla abolizione
delle barriere di ingiustizia e emarginazione che attraverso i secoli
hanno accompagnato la storia dell'uomo. L'essere
umano, come tale, si è sempre posto delle domande essenziali sulla vita
ed ha cercato delle risposte nella religione che, pur nelle sue diversità,
lo accomuna agli altri uomini nel piano misterioso e salvifico di Dio. E'
indubbio che il piano di Dio per l'uomo, sua creatura, sia unico anche se
i mezzi per arrivare a Lui possono diversificarsi ed essere contenuti in
rivelazioni, abitudini culturali, regole che attraverso il tempo hanno
formato dei Credi religiosi diversi. Parlare
di intercultura senza analizzare a fondo il movimento religioso di un
popolo o di un gruppo di persone è come analizzare un bel contenitore
senza prendere in considerazione ciò che è in esso contenuto. I due
fenomeni sono talmente connessi che l'uno senza l'altro diventa sterile ed
è inutile prenderlo in considerazione. Penso
che per aprire un dialogo interreligioso che abbia qualche possibilità di
successo si debba partire da questo punto fondamentale: la consapevolezza
che il piano salvifico di Dio è rivolto a tutti gli uomini, sue creature,
e che è quindi unico per tutti, in qualunque religione essi confidino.
Questa verità era ben chiara al pontefice Giovanni Paolo Secondo che ad
Assisi nel 1986 volle una giornata mondiale di preghiera per la pace e
parlò di unità
fondamentale, radicale, e decisiva di tutti gli esseri umani nel progetto
di Dio e
continuò dicendo "O impariamo a camminare insieme in pace e armonia
o ci allontaniamo e roviniamo noi stessi e gli altri". Lo
Spirito di Dio, infatti, soffia dove vuole ed è sempre stato al lavoro
nella. storia dei popoli, nella loro cultura, e nelle loro religioni e ciò
che è buono, nobile e bello in esse è opera dello Spirito e può
arricchirci l'un l'altro contribuendo ad uno scambio spirituale. Questa
impostazione essenziale del pensiero porta con sé la conseguenza logica
che le differenze tra le diverse tradizioni che confluiscono nella
diversità dei credi religiosi devono essere viste come una ricchezza e
guardate con rispetto. Volerle eliminare non ha senso perché così
facendo si costruirebbe una sorta di super
religione che
altro non sarebbe se non una nuova religione imposta e non accolta. Il
fine comune da cercare allora diventa quello di entrare nella logica di
Dio abbandonando la certezza di essere gli unici depositari della Sua
volontà e imbrigliando così il Suo pensiero nel nostro pensiero e nei
nostri limiti. Il
Vangelo stesso ci indica la via dell'umiltà, del non giudizio, del
rispetto reciproco, del ripudio delle apparenze per accogliere invece lo
sconvolgimento delle regole costruite dagli uomini, ci propone la
rivoluzione dell'accoglienza, ci suggerisce la legge dell'amore e della
fraternità aperta a tutte le creature, anche a quelle di un credo e di
una provenienza diversa. E' rilevante in questo contesto la parabola del Buon Samaritano su cui si è fermato
lo Spirito illuminante di Dio tanto da essere additato ad esempio di amore
e carità da Cristo anche se appartenente ad una razza considerata impura,
ad una cultura emarginata, ad una fede considerata fuori dalla religione
accreditata. Le
regole indicate da Dio alla Chiesa
universale che
accoglie il credo di tutte le religioni sono allora quelle della carità,
dell'amore e della fratellanza, queste ci portano a riconoscere l'azione
di Dio nei seguaci di tutte le religioni e nelle religioni stesse e
mettono in azione uno spirito di umiltà che esclude ogni tentativo di
convincere l'altro, ogni
tentativo di convertirlo, di
attirarlo verso una fede diversa per raggiungere quel Dio che è
già presente
nel suo percorso religioso e nella sua fede. Solo seguendo queste regole
semplici, chiare, alla portata di tutti e comuni a tutti, il dialogo può
raggiungere un livello profondo e guidare i credenti in Dio a conoscere le
loro diversità ma anche le loro convergenze, a condividere l'amore per
l'Assoluto che è comune,
a mettersi in sintonia con la voglia del bene dell'altro e della chiamata
di Dio che accomuna tutti gli uomini. Il
pensiero va alla Beata Madre Teresa di Calcutta che seppe usare queste
semplici regole di vita per attirare a sé tutte le genti a qualsiasi fede
e cultura appartenessero e va a tutte le persone innamorate di Dio che
sanno riconoscerLo nell'altro
senza
discriminare, senza farsi domande, ma amandolo e sostenendolo nel bisogno
e condividendo con lui gioie e dolori. In
una società pluralistica come la nostra è
essenziale
vincere i pregiudizi e le generalizzazioni, sforzarsi di conoscere le
tradizioni culturali e religiose altrui, cercare nell'altro la persona,
l'essere umano come noi, con le sue debolezze e le sue qualità, in modo
da superare le diffidenze reciproche che si sono formate attraverso secoli
di storia non sempre edificante. Sui
grandi temi come la pace, il rispetto dei diritti umani, 1' equo
commercio, l'opposizione alla discriminazione, il disarmo, gli ecosistemi,
il rispetto della dignità umana, il diritto alla vita, l'abolizione della
pena di morte, i valori morali, la libertà di pensiero,
l'autodeterminazione eccetera si può intessere un dialogo comune per
cominciare a conoscersi e a rispettarsi. Il
lavoro comune per obiettivi comuni potrebbe certo rafforzare il rispetto
reciproco; il programmare insieme gli interventi necessari ad una
giustizia più giusta e ai bisogni primari dei popoli potrebbe creare un
clima di credibilità reciproca. Lo
tznnami del
Dicembre del Quanto
su esposto mi porta alla conclusione che il dialogo interreligioso che fa
proprio il mosaico dell'intercultura nel rispetto dell'altro e non si
propone quindi come uno strumento di conversione da una religione all'altra, ma chiede
la mutua conoscenza e la condivisione delle proprie ricchezze spirituali,
sia un punto di forza nel cammino verso un progresso sociale vero e verso
la costruzione di una pace duratura tra le genti perché esso parte dalla
cultura e non dalla religione. Esso
presuppone però un movimento che, pur partendo dalla Autorità della
Chiesa che lo fa proprio e lo divulga, sia recepito, condiviso, messo in
pratica da tutti i credenti non come imposizione di nuove regole, di un
nuovo indirizzo o di una nuova politica planetaria, ma come moto spontaneo
che nasce da una profonda comprensione delle parole del Vangelo, da una
maturità morale e spirituale messa in pratica nella vita quotidiana. Solo
convertendo sé stessi allo Spirito evangelico si può possedere la libertà
necessaria al rispetto della libertà altrui, solo facendo propri l'umiltà
e lo spirito di servizio consegnatici da Cristo i cristiani saranno in
grado di avvicinarsi con rispetto al pensiero e alle tradizioni religiose
di chi ha un credo diverso considerandolo fratello in quanto figlio dello
stesso Dio, solo guardando l'altro con lo sguardo penetrante del Maestro
che leggeva i moti del cuore si può andare al di là dell'abito, delle
devozioni, dei segni esteriori dell'altro, e scorgere in
lui una creatura con un cuore di carne capace di emozioni come le nostre,
di slanci come i nostri, di una ricchezza interiore che ci accomuna nello
Spirito che anela
allo stesso Dio. Voglio dire in breve che il dialogo interreligioso deve
superare la fase del dialogo
e diventare vita quotidiana vissuta dall'uomo, deve
quindi cominciare all'interno della propria religione come esperienza di
vita per poi allargarsi al mondo. Se il dialogo non coinvolge tutto il
corpo della Chiesa e rimane relegato alle sue Autorità non si trasformerà
mai in vita
e non porterà alcun frutto. I
soli mezzi pratici che permettono di realizzarlo e creare quei ponti
essenziali di comprensione tra le persone e i popoli sono quelli messi a
disposizione dall'Umanesimo: essi si basano sulla chiarezza dei rapporti,
sulla fiducia reciproca, sul sapersi ascoltare, sulla prudenza e sulla
pazienza, sulla carità e sul rispetto delle diverse identità, ciascuno
al suo posto con i propri talenti da investire per il bene dell'altro, per
una crescita comune e per il progresso umano. Attraverso
questi mezzi che sono bagaglio dell'umanità in quanto doni di Dio a tutti
i suoi figli da Lui creati a Sua immagine e somiglianza si può
consolidare ciò che di positivo c'è nel mondo, superare con buona volontà
tutto ciò che ferisce, degrada e impoverisce l'uomo, stabilire il
rispetto reciproco e rafforzare la cultura della pace. DTM Il
tema dell’ascolto e dell’accoglienza si
applica in tutte le relazioni sociali familiari aziendali Solo sapendo
ascoltare si può capire e attivare una relazione matura e serena.
Nel
Dal 1989 Archè
si occupa di bambini e ragazzi sieropositivi con disagio psichico e
sociale in Italia e nel sud del mondo
Paola
Liuni E’
un’impresa per me parlare dopo tutto quello che è stato detto, ma
quanto è gia stato detto mi aiuta a sintetizzare moltissimo. Parlando
prima dell’incontro con Daniela mi interrogavo sul merito del mio
intervento per quanto riguarda questa problematica complessa che la realtà
sociale di oggi si trova ad affrontare che è l’intercultura. E’ stata
ottima la precisazione iniziale di Giovanna Spagnuolo parlando di
intercultura come cultura dentro le molte culture non di multicultura che
invece sembrerebbe presupporre l’osservatore che osserva a distanza
altri che si comportano e rappresentano culture diverse. L’Italia
tra l’altro, col suo protendersi in un territorio come quello del
Mediterraneo di fronte all’Africa come avamposto dell’Europa
rappresenta culture diverse che
accolgono culture diverse che arrivano. Questo in Italia è sempre
avvenuto, l’Italia è stata un Paese in cui tante culture, tanti popoli
sono arrivati e anche quando sono andati via hanno lasciato parti
fondamentali della loro arte, storia, filosofia. Noi
lavoriamo molto anche molto nelle scuole negli ospedali dei bambini per
dare la nostra testimonianza, per cercare di costruire con altri questa
”contaminazione” di cui ho sentito parlare oggi, contaminazione di
territori diversi: di famiglie, di ragazzi rendendoli più liberi dai
pregiudizi facendo informazione continua, completa che oggi manca e che
quindi ne alimenta di nuovi. E
proprio comunque avendo camminato in un territorio che ci ha abituato a
rispondere e prendersi cura senza dire perché
proprio io? …, non compete a me…, io non me ne posso occupare… e
proprio camminando in questo percorso, prendendosi cura dei ragazzi in
ospedale che abbiamo
incontrato un altro gruppo di persone, le famiglie immigrate che
arrivavano con il loro carico di sofferenze e di ignoranza e di incapacità
di poter godere delle politiche e dei diritti dell’uomo: diritto alla
cura, alla salute, ad essere considerati comunità, accanto a queste
famiglie che, ad esempio, non sono potute arrivare al giusto momento alle
cure e che quindi hanno bambini che nascono ancora oggi
infetti. Accanto a queste famiglie abbiamo imparato cercando di
capire come far passare a loro il messaggio che è di un’altra cultura:
la cultura occidentale della cura. Ci sembrava paradossale che noi, grande
Paese, grande popolo accogliente, offrivamo delle cure e che queste
persone non ne facevano completamente uso. E ci siamo messi ad ascoltare:
l’ascolto che diceva “perché?” non poteva bastare. Se ti chiedo: perché
lo fai? se sei in una situazione di disagio che mi
hai già dichiarato, mostrandomi tutta la tua debolezza, io non
ottengo nessun passaggio tra noi; tra me e te non passerà nessun
messaggio: noi desideravamo che quel bambino prendesse le medicine, che
quella mamma capisse qual’era la cura e per far questo dovevamo entrare
in culture completamente diverse,
capire che cos’è prendere una medicina in Africa, che cos’è prendere
una malattia semplicemente perché hai avuto una trasfusione, che cosa
vuol dire portarsi dietro un corpo con un segreto che è un segreto
pericoloso. Questi
sono i linguaggi che abbiamo incontrato e attraverso questi linguaggi
abbiamo cercato di costruire con loro delle relazioni perché l’essere
umano è un essere sociale e noi esseri sociali abbiamo bisogno di
relazioni. Con queste famiglie, con questi primi bambini che ho tenuto in
braccio e che oggi sono diventati grandi, non tutti, ma una certa parte,
noi abbiamo costruito dei percorsi che fossero facilitatori di relazioni. Perché
sappiamo cosa significa fare un cammino che significa prendersi in carico
questo corpo, convivere con questo, e, continuamente, prendersi cura del
proprio benessere. Non
potrà essere sempre Archè a far questo ma dovranno anche affrontare la
società, dovranno essere più forti, dovranno avere più relazioni con
gli altri perché è la relazione questo bene sociale, questo capitale
sociale che noi possiamo mettere in moto se siamo in tanti perché servono
tanti, diversi personaggi per creare queste relazioni, di diversa cultura
e diverse saranno le relazioni che costruiremo con il cittadino immigrato
che si è sentito accolto e tanto meglio riusciremo a incontrare noi
stessi. Quanto
più conosceremo gli altri, quante più cose faremo, tanto più scopriremo
quante cose sappiamo fare e che pensavamo di non essere in grado di fare. Io
l’ho scoperto sulla mia pelle in Archè. Sono entrata pensando che non
avrei mai potuto stare accanto ad un bambino che soffriva, sarei andata
soltanto per poco, soltanto per giocare con lui in ospedale. Nel fare, nel
poter fare, nell’imparare a saper fare, da loro ho imparato, ho ricevuto
tanta ricchezza, è questa la grande risorsa dell’intercultura: imparare
il tanto diverso da noi che abbiamo dentro, tutti di noi. Io
dico: La domanda non è questa. La domanda io vorrei che fosse: posso
venire anch’io? Vorrei
leggere una frase che ha scritto una nostra volontaria, mediatrice
culturale, operatrice sociale algerina che ha vissuto sulla sua pelle
tutte le contraddizioni di essere considerata culturalmente italiana come
operatore ma di dover affrontare tutti problemi di uno straniero. Lo
straniero che va per il mondo si fa il più piccolo ed il più invisibile
possibile per poter sopravvivere e ci vuole molto tempo prima che si senta
a suo agio e che non abbia paura e se non si è già annullato da solo
allora potrà uscire allo scoperto ed arricchire di sé il mondo degli
altri che potrà diventare a
questo punto anche il suo. DTM Ringrazio
Paola che ci ha affascinato
con la sua relazione, con il suo invito all’azione così condiviso come
pensiero ma anche con la sua capacità di azione che non tutti abbiamo ma
forse desidereremmo avere.
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