Il magico mosaico dell'intercultura: il rispetto dell'altro

Tavola Rotonda 

organizzata dalla FIDAPA (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari) sezione di Roma

presso la sala del Cenacolo - Camera dei Deputati - Vicolo Valdina, Roma

21 Gennaio 2008 ore 16.30

 

Apre i lavori la Dott.ssa Bruna Moretto Volpato presidente della FIDAPA sez. di Roma:

Ringrazio la Past Presidente Nazionale della Fidapa Angelica Biacca le socie, gli illustri relatori e ospiti presenti, gli amici tutti per la loro partecipazione.

Perché abbiamo organizzato questo incontro?

Per due motivi principalmente:

1)     L’intercultura è un tema di grande attualità, ne sentiamo parlare quotidianamente attraverso radio, televisione, stampa.

Anche Sua Santità Benedetto XVI Joseph Ratzinger in un recente discorso ha dichiarato che “la ricerca e il dialogo interreligiosi ed interculturali non sono un’opzione, ma una necessità vitale per il nostro tempo”

Nella società odierna, in cui la globalizzazione annulla le distanze, nella cultura c’è una continua evoluzione dovuta all’incontro e al confronto con gli altri, nella speranza di giungere ad una convivenza civile basata sul rispetto reciproco.

A questo proposito l’Unione Europea ha proclamato il 2008 l’anno europeo per il dialogo interculturale, assegnando quindi a questo tema una grande importanza e dando l’input per il passaggio dalla fase della Multiculturalità, intesa come dialogo tra culture, alla Interculturalità come compenetrazione di valori, idee e prospettive.

)  motivo: il tema dell’ intercultura si inserisce perfettamente nel tema nazionale della Fidapa proposto per il biennio 2007- 2009:”Alla ricerca di un valore perduto….il rispetto”. Quindi rientra nel nostro lavoro approfondire questo argomento per sensibilizzare sempre di più l’opinione pubblica verso una reciproca accettazione superando i sentimenti di diffidenza e di paura irrazionale nei confronti del diverso. E’ necessario un dialogo che dia la consapevolezza dei diritti umani e del rispetto dell’altro come presupposto per la pace nel mondo e per costruire una società democratica, una società in cui le differenze siano vissute come risorsa, opportunità di confronto e crescita culturale e non come motivo di discriminazione in base al genere, all’etnia, alla religione, alla diversità in generale.

Bisogna costruire network interculturali ed acquisire una mentalità e un comportamento cosmopolita.

Oggi la capacità di comunicare, di condividere con  gli altri , in modo efficace le proprie emozioni, pensieri e conoscenze sta assumendo un ruolo sempre più importante nelle relazioni personali e professionali. Ci auguriamo che sia sempre un arricchimento reciproco e continuo per tutti.

Ora qualche parola sulla nostra socia FIDAPA Ing. Daniela Troina coordinatrice del convegno.

Recentemente un giornalista ha scritto un articolo su di lei intitolandolo: un’ingegnera prestata all’arte.

Infatti, oltre che ingegnere, Daniela è pittrice. E’ l’autrice dell’ acquarello “Passaggi” realizzato appositamente per la copertina del volume “Il magico mosaico dell’intercultura” e che noi abbiamo riportato sul cartoncino dell’invito, “ regalando (uso le parole della curatrice del libro Giovanna Spagnuolo) visivamente i moti, l’energia, le sfumature, l’armonia cromatica che sono proprie dell’idea di intercultura e donando emozione e gusto dell’estetica”.

L’arte è vista dall’autrice come mezzo di incontro e di dialogo.

La metafora del mosaico nel titolo del libro ben rappresenta, mi sembra, il concetto di intercultura.

Daniela Troina Magrì socia Fidapa, ingegnere e artista. laureatasi in ingegneria a 21 anni, (MBA Bocconi) ha svolto la carriera manageriale nel gruppo IBM ricoprendo anche la carica di Amministratore Delegato della società finanziaria. Nei suoi 25 anni di attività in IBM in Italia e all'estero (Parigi, Londra)  ha gestito  organizzazioni di business complesse operanti non solo in paesi della Comunità europea, ma anche nei paesi del bacino del Mediterraneo (Turchia, Israele) con le loro diversità politiche, culturali, religiose. Proprio in questo contesto ha vinto nel  2003 il premio come migliore donna manager europea assegnatole dalla European Union Women Association per aver attivamente contribuito allo sviluppo della nuova Società dell'Informazione in Europa. (Lavorando con entusiasmo a fianco di governi  europei e del mediterraneo e realizzando progetti di e-government li ha supportati nella trasformazione da strutture burocratiche tradizionali in fornitori di servizi al cittadino.)

Nell'ambito della Fidapa ha predisposto il progetto LEALMENTE (Leadership etica e affari) di cui parleremo in uno dei prossimi seminari.dove sarete tutti invitati.

Come artista è presente in cataloghi di arte contemporanea e sta esponendo anche in questi giorni (e fino a fine febbraio) presso il locale Vernissage a Piazza S.Eustachio.

Ora la parola a Daniela che introdurrà il tema e presenterà i relatori

 

 

Daniela Troina Magrì (DTM)

 Grazie alla Presidente , a tutti voi per la partecipazione, grazie ai nostri relatori che hanno accettato di condividere oggi con noi il loro punto di vista e le loro esperienze sul tema dell’intercultura.

Ve li presento:

 La dottoressa Giovanna Spagnuolo curatrice del libro il magico mosaico dell’intercultura

Il professore Salvatore Bonfiglio docente di diritto costituzionale italiano e comparato all’Università di Roma3

Padre Renzo Campetella Francescano

La professoressa Paola Liuni Vice Presidente nazionale di Archè

 

 

Quello dell’intercultura è un tema centrale per la nostra società e in questo tema mi sento impegnata come persona nello svolgimento di tutte le mie attività inclusa la comunicazione artistica: infatti, come dice il Prof. Abruzzese, le arti hanno ancora il linguaggio giusto per dire ciò che è difficile ascoltare, ciò che c’è ma non si vede, ciò che si vive ma non si sa dire.

 Ho avuto la fortuna di impegnarmi operativamente sul tema dell’intercultura non solo attraverso le esperienze professionale nel campo manageriale e artistico ma anche di recente in maniera più strutturata partecipando alle fasi di preparazione del libro “Il magico mosaico dell’intercultura: teorie, mondi esperienze” e contribuendo  sia con un mio scritto: Responsabilità sociale dell’artista contemporaneo: arte relazionale e dialogo, sia realizzando la copertina che come ha appena ricordato la Presidente riporta in prima pagina la riproduzione di una mia opera e in quarta un banner in cui si può leggere il messaggio programmatico “passaggi, passaggi di stato, passaggi di Stato, passaggi di colore, passaggi di colori…”

 Ho scelto il messaggio Passaggi, che è anche il titolo dell’acquarello, perché ritengo che sia quello che meglio interpreta il tema dell’intercultura.  Passaggi è la metafora che, partendo dalla logistica, allude in realtà alla predisposizione allo scambio di competenze e di esperienze che realizzano l’obiettivo della pacifica e armoniosa convivenza delle diversità tra popoli e culture; così come nell’acquarello i colori si fondono e si integrano senza perdere lo splendore della loro primaria identità per dar luogo ad un quadro d’insieme armonioso.

 E’ stato già ricordato che il 2008 è l’Anno europeo del Dialogo interculturale e si è aperto ufficialmente l' 8 gennaio, a Lubiana, città ospite nel semestre sloveno di presidenza dell'Unione europea. “Insieme nella diversità'' è lo slogan scelto per la campagna di comunicazione promossa dalla Commissione europea, che ha invitato all'evento per l'inaugurazione della campagna diverse personalità provenienti dall'ambiente della cultura europeo e non solo, che si sono proposte in qualità di "ambasciatori europei del dialogo interculturale". Fra gli ambasciatori europei citiamo lo scrittore brasiliano Paulo Coelho, il direttore d'orchestra slovacco Jack Martin Händler, il regista cinematografico rumeno Radu Mihăileanu, l'artista concettuale sloveno Marko Peljhan, il virtuoso catalano della viola da basso Jordi Savall, il pianista turco Fazil Say e la cantante serba Marija Šerifović, vincitrice del Concorso Eurovisione.

 All'evento sul tema del dialogo interculturale come valore fondamentale nella Ue, ha partecipato  tra gli altri il presidente della Commissione europea, Jose' Manuel Barroso.

In Italia i lavori della Comunità europea inizieranno il prossimo 12 febbraio, con un convegno a Roma. Nel corso dell'anno, poi, alle iniziative nazionali, si accompagneranno sei dibattiti che si svolgeranno a Bruxelles, ciascuno dedicato ad aspetti specifici quali media, arti e patrimonio, luogo di lavoro, dialogo interreligioso, istruzione e gioventù migrazione e integrazione.  

 E' un tema, quello del dialogo interculturale, molto sentito dai cittadini europei, stando ai risultati di una recente indagine Eurobarometro. Circa tre su quattro (72%), infatti, ritengono che le persone con un diverso bagaglio etnico, religioso o nazionale arricchiscano la vita culturale del proprio paese. Nel lavoro, in particolare, la differenza culturale viene considerata come un vantaggio competitivo per l'83% delle imprese tra quelle che attuano una politica della diversità, confermando quanto proclamato dall’UNESCO che da tempo afferma che la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo inteso non semplicemente in termini di crescita economica ma anche come mezzo per raggiungere un’esistenza più soddisfacente dal punto di vista intellettuale emotivo morale e spirituale.  

La  tavola rotonda  di oggi si articola in due parti: nella prima i nostri relatori inquadreranno l’argomento e porteranno la loro esperienza ed il vissuto nelle loro realtà specifiche per poi aprire il dibattito con il pubblico.

       

A Giovanna Spagnolo il compito di  inquadrare il tema dell’intercultura. Giovanna  con grande lungimiranza ha presentato  già ad ottobre 2007 presso la Fondazione europea Dragan il libro Il magico mosaico dell’Intercultura edito da Franco Angeli anticipando di qualche mese l’inizio delle attività ufficiali sul tema. Il valore del libro è stato riconosciuto dall’Unesco che ha deciso di dare il suo patrocinio al libro.

Giovanna è ricercatrice Isfol consulente ed esperta di life long learning , la fomazione continua per aduti che poi è alla base della crescita e del progresso sociale. (Dice spesso Padre Renzo non mi preoccupano tanto i cattivi quanto gli ignoranti.)

Giovanna è specializzata in diritto del lavoro e in scienze organizzative ed ha maturato significative esperienze di formazione manageriale e pianificazione strategica in Telecom Italia Corporate. Vicepresidente per il Lazio dell’AIF Associazione Italiana Formatori componente di vari comitati tecnico-scientifici e commissioni presso organismi europei e internazionali

 

Giovanna Spagnolo

L’Unione Europea – oltre cinquecento milioni di abitanti, terza dopo la Cina e l’India, una superficie di oltre quattro milioni di Kmq[2] - considera la diversità etnica e culturale come uno dei propri più importanti patrimoni e ha dichiarato il 2008 ”Anno europeo del dialogo interculturale”[3].

Le differenze culturali afferiscono ai vari aspetti delle identità culturali degli individui: le origini geografiche, l’etnia, il genere, le lingue, il background educativo e sociale, gli orientamenti religiosi e filosofici[4]. E’ su tali orizzonti che si instaura il dialogo affinché chiunque viva nell’Unione si senta partecipe alla costruzione di una società interculturale. Un dialogo a cui già è stata data priorità nelle politiche e in molte iniziative e programmi europei. La Commissione Europea , infatti, ha sempre sottolineato la ricchezza della diversità culturali presenti negli Stati membri dell’Unione e ha sviluppato varie iniziative attraverso programmi e azioni comunitarie: conferenze, progetti culturali o iniziative educative rivolte ai lavoratori migranti, programmi dedicati presenti nella pianificazione 2000-2006 e riproposti nella pianificazione 2007-2013 all’interno del “Programma per l’apprendimento permanente” come Erasmus, Leonardo da Vinci, Grundtvig, Jean Monnet.

Il dialogo interculturale contribuisce a perseguire una serie di priorità strategiche: da un lato rispettare e promuovere la diversità culturale in Europa e la cittadinanza attiva europea aperta al mondo; dall’altro includere la rinnovata strategia di Lisbona per la quale l’economia basata sulla conoscenza richiede persone capaci di adattarsi ai cambiamenti e di beneficiare delle possibili fonti di innovazione per sviluppare prosperità, giustizia e coesione sociale.

Sono obiettivi di ampio respiro che muovono dalla consapevolezza dell’importanza di sviluppare la cittadinanza attiva europea basata su valori comuni: il rispetto per la dignità umana, la libertà, l’equità, la non discriminazione, la solidarietà, i principi democratici e il ruolo della legge.

Il dialogo interculturale è una strategia nei campi dell’educazione, della cultura, dello sport per combattere la discriminazione e l’esclusione sociale e nel contempo un principio guida nelle relazioni che l’Unione Europea intrattiene con i Paesi Terzi.

La politica estera comunitaria è orientata da tempo a perseguire efficaci strategie di “buon vicinato” con i Paesi dell’Area del Mediterraneo, i Balcani, i Paesi dell’Europa orientale, i Paesi del Caucaso e dell’Asia centrale, verso i quali privilegia alcune priorità di intervento quali il sostegno per le riforme istituzionali e amministrative nel Territorio, la promozione attraverso i contatti tra i principali Attori a livello decisionale ed operativo di modelli e azioni di trasferibilità delle politiche e delle best practises europee per contribuire nel medio-lungo periodo allo sviluppo del capitale umano e sociale, non solo in Europa.

Nel dare continuità al disegno di costruzione di una cittadinanza europea l’Unione  dichiara il 2007 Anno Europeo delle Pari Opportunità per Tutti[5] che per realizzarsi deve necessariamente effettuare il passaggio obbligato: dalla multicultura intesa come dialogo tra culture per il rispetto reciproco alla intercultura come contaminazione di valori, idee, prospettive per attuare un progetto comune di convivenza civile e sociale.

L’intercultura, quindi, supera il carattere meramente descrittivo della concezione multiculturale - dialogo tra culture per il rispetto reciproco – per instaurare un terreno di mediazioni e negoziazioni sui valori, orientamenti e comportamenti ai quali ispirare le scelte individuali e collettive tra soggetti appartenenti a culture diverse che convivono in una stessa comunità.

 In un percorso concreto di costruzione di un contesto interculturale occorre riferirsi al corpus di diritti umani universali come tracciati nelle principali Carte Internazionali – dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea del dicembre 2000, alla Dichiarazione Universale sulla Diversità culturale dell’Unesco del 2001 -: il diritto alla vita, la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza, l’ambiente, la questione femminile, la giustizia, la pace.

Un corpus di diritti e di valori-guida affermati a livello internazionale che favoriscono il riconoscersi in una mappa valoriale di una cultura della mondialità a cui poter ispirare i comportamenti civici individuali e collettivi, le azioni decisionali e politiche in chiave interculturale e solidale.  

Incoraggiare la consapevolezza della maggiore salvaguardia e promozione della diversità culturale, anche attraverso la diffusione nei media e nelle reti professionali e civiche, può sostenere una più forte sensibilità al pluralismo culturale comprendendo come i diritti culturali siano parte integrante di diritti umani universali.

 Tale consapevolezza inviterebbe a superare una nozione di diversità generalmente applicata alla categoria sociale degli immigrati o alle culture etniche per sfuggire al rischio della folklorizzazione degli altri, per ampliarla a ogni cultura altra.  

Scegliere la prospettiva interculturale significa assumere la diversità come paradigma e occasione di apertura a tutte le forme nelle quali si esprimono le differenze di genere, di provenienza geografica, di etnia, di background scolastico e culturale, di orientamento religioso e filosofico così da superare i pregiudizi e gli stereotipi promuovendo il confronto e il dialogo nel rispetto dell’altro.  

Riferimenti bibliografici

 U. Beck, Che cos’è la globalizzazione? Rischi e prospettive della società planetaria, Carocci, Roma, 1999

Decisione del Parlamento e del Consiglio Europeo concernente l’Anno Europeo del Dialogo Interculturale, Bruxelles, 5/10/2005, COM (2005) 467

M. Kilani, L’invenzione dell’altro. Saggi sul discorso antropologico, Edizioni Dedalo, Bari, 1997

E. Morin, Penser l’Europe, Gallimard, Bussière a Saint-Amand (Cher), 1990

M. Santerini, Intercultura, Editrice La Scuola, Brescia, 2003

G. Spagnuolo (a cura di), Il magico mosaico dell’intercultura. Teorie, mondi, esperienze, Franco Angeli, Milano, 2007

Unesco, The right to Education. Towards Education for all throughout life. World Education Report, Parigi, 2000

   

DTM

L’aspirazione a valori universali sanciti è antica e risale alla  Magna Charta libertatum del 1225, al Bill dei diritti da cui sono nati i Trattati del governo di John Locke, alla dichiarazione dei diritti della rivoluzione americana, alla rivoluzione francese del 1793 fino alla Dichiarazione dei diritti Universali dell’ONU  1948.

Al professor Bonfiglio chiediamo aiuto per capire meglio a che punto siamo sul versante giuridico e costituzionale

 

Salvatore Bonfiglio insegna Istituzioni di diritto pubblico e Diritto pubblico comparato (corso avanzato) nell’Università degli Studi Roma Tre, dove è direttore del Laboratorio multimediale e di comparazione giuridica del Dipartimento di Studi Internazionali.

Ha svolto la sua attività di docente anche in Spagna e in Francia  E’ autore di numerose pubblicazioni.

È direttore responsabile della rivista “La cittadinanza europea”.

 

 

Salvatore Bonfiglio

 Il rispetto dell’altro e la cultura dei diritti umani

di Salvatore Bonfiglio

 

Il rispetto dell’altro, della dignità umana, dei principi di eguaglianza e di solidarietà sono elementi costitutivi di una cultura dei diritti umani.

Quest’anno ricorre il 60° anniversario della Costituzione italiana e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ciò costituisce una buona occasione per riflettere sulla cultura dei diritti umani e sulla loro tutela. La nostra Costituzione repubblicana, infatti, «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» (art. 2 Cost. it.).

Nel nostro ordinamento costituzionale, dunque, i diritti inviolabili non sono connessi all’universalismo astratto, tant’è vero che si fa riferimento all’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali. Si tratta di una concezione che affonda le sue radici nel personalismo comunitario che supera la visione dell’individuo-astratto. In un certo senso possiamo dire che i diritti inviolabili sono riconosciuti come naturali in quanto storicamente radicati. In tale prospettiva, la cultura dei diritti umani, nel favorire il dialogo interculturale, deve riconoscere la pluralità delle concezioni filosofiche, culturali e religiose che ne costituiscono le radici, deve liberarsi dai suoi tratti ideologici, che la identificano come cultura egemone occidentale. Si tratta, dunque, della necessità di riconoscere diverse e, perfino, divergenti culture dei diritti umani.

L’universalismo, però, non va di per sé condannato ma semmai deideologizzato. E per questo occorre il rispetto dell’altro, non inteso come mera tolleranza ma come confronto tra identità diverse, ma non statiche, aperte alla contaminazione culturale. Infatti, ciò ha portato al riconoscimento di un nucleo fondamentale di diritti umani: il diritto alla vita e alla sicurezza, il diritto a non essere torturati, il diritto alla protezione sanitaria, ecc. Non è un caso che la nostra Costituzione repubblicana tuteli la salute come fondamentale diritto dell’individuo (art. 32 Cost.it).

Occorre riconoscere l’importanza simbolica dell’universalità, in modo tale che ci sia un accordo fra quasi tutti gli Stati e i popoli del mondo per riconoscere e tutelare un numero sempre più ampio di diritti umani. Tale convergenza non può che essere graduale e, quindi, va ricercata attraverso il dialogo interculturale.

Non si possono imporre determinati valori in nome dell’umanità e, magari, pretendere di “esportare la democrazia” e i suoi valori, perché questo porta alla guerra perpetua contro un nemico deterritorializzato, dunque, più pericoloso, visto che può essere in ogni luogo (dentro i nostri confini, le nostre città, generando un senso diffuso di insicurezza e di paura).

La paura è il principio della tirannide. Per questa ragione occorre evitare il rischio che nella lotta al terrorismo internazionale i limiti alle libertà personali, la negazione della dignità umana  conducano le democrazie a negare se stesse.

 

 

 

DTM

La Presidente Bruna Moretto ci ha ricordato un passo fondamentale del discorso di sua Santità Benedetto XVI ai Membri Fondatori della Fondazione
per la Ricerca e il Dialogo Interreligiosi e Interculturali:

"La ricerca e il dialogo interreligiosi e interculturali non sono un’opzione, ma una necessità vitale per il nostro tempo".


Ce ne parla oggi Padre Renzo Campetella

Per presentarlo in maniera già esaustiva forse basterebbe dire che è un frate Francescano, vorrei solo aggiungere che Padre Renzo ha preso i voti in età matura (dopo i 30 anni) avendo avuto modo già di esprimere il suo pieno  impegno familiare,  politico, sociale e professionale come infermiere.

Come francescano ha svolto la sua attività nelle carceri, nella scuola come insegnante di religione e di filosofia.

Padre Renzo è uno spirito libero e autentico portatore di quella libertà attiva di cui parlava anche  Ralph Darendorf nelle sue lezioni all’università di Essen. Una libertà intesa non come situazione ma come capacità di realizzare  chances di vita per tutti. Libertà come sfida all’attività, all’estensione di chances di vita dei vincenti a tutti gli altri.

Io ho imparato a conoscere Padre Renzo e ad approfondire il suo messaggio attraverso le sue omelie dalle quali emerge un messaggio di vita cristiana che si realizza proprio nella relazione con gli altri.

Grazie a Padre Renzo per aver accettato di partecipare a questa tavola rotonda

 

Padre Renzo Campetella

 

Il Magico Mosaico dell'Intercultura: il rispetto dell'altro

di fr Renzo Campetella

 

Apparteniamo ad un epoca di mobilità delle persone e di globalizzazione, il mondo è diventato stretto, i popoli si vanno avvicinando e le culture diverse si trovano in contatto. Questa è una realtà comune a tutto il mondo, chi non la riconosce o la prende sotto gamba è cieco ed alienato dalla realtà stessa.

L'incontro delle diverse culture può determinare delle incomprensioni che, se mal gestite, si tramutano in scontro. Se accolte invece con una visione spalancata sul futuro del mondo può creare i presupposti di una progresso comune, di una civiltà che sa riconoscere nel diverso una ricchezza da accogliere ed una fonte di rinnovo personale.

Il termine che mondialmente studia questo incontro è quello di Intercultura. Si muovono le istituzioni di tutti i paesi, si muovono le scuole, si muovono i movimenti culturali e sociali, la politica incentra i suoi programmi su questo fenomeno che, dobbiamo dirlo, a volte è visto come un problema e non come un progresso. Problema o non, esso è un movimento irreversibile perché nasce dalla necessità delle persone di comunicare, di conoscersi, di stare insieme senza perdere la propria identità.

Molte sono state le conferenze mondiali per discutere di intercultura, proporre delle strade per costruire attraverso questa realtà un progresso che porti alla pace, alla fraternità nel rispetto dell'altro, alla abolizione delle barriere di ingiustizia e emarginazione che attraverso i secoli hanno accompagnato la storia dell'uomo.

La Chiesa Cattolica ha fatta sua questa realtà cercando di impostare un dialogo interreligioso che si intrecci con la realtà culturale dei popoli.

L'essere umano, come tale, si è sempre posto delle domande essenziali sulla vita ed ha cercato delle risposte nella religione che, pur nelle sue diversità, lo accomuna agli altri uomini nel piano misterioso e salvifico di Dio. E' indubbio che il piano di Dio per l'uomo, sua creatura, sia unico anche se i mezzi per arrivare a Lui possono diversificarsi ed essere contenuti in rivelazioni, abitudini culturali, regole che attraverso il tempo hanno formato dei Credi religiosi diversi.

Parlare di intercultura senza analizzare a fondo il movimento religioso di un popolo o di un gruppo di persone è come analizzare un bel contenitore senza prendere in considerazione ciò che è in esso contenuto. I due fenomeni sono talmente connessi che l'uno senza l'altro diventa sterile ed è inutile prenderlo in considerazione.

Penso che per aprire un dialogo interreligioso che abbia qualche possibilità di successo si debba partire da questo punto fondamentale: la consapevolezza che il piano salvifico di Dio è rivolto a tutti gli uomini, sue creature, e che è quindi unico per tutti, in qualunque religione essi confidino. Questa verità era ben chiara al pontefice Giovanni Paolo Secondo che ad Assisi nel 1986 volle una giornata mondiale di preghiera per la pace e parlò di unità fondamentale, radicale, e decisiva di tutti gli esseri umani nel progetto di Dio e continuò dicendo "O impariamo a camminare insieme in pace e armonia o ci allontaniamo e roviniamo noi stessi e gli altri".

Lo Spirito di Dio, infatti, soffia dove vuole ed è sempre stato al lavoro nella. storia dei popoli, nella loro cultura, e nelle loro religioni e ciò che è buono, nobile e bello in esse è opera dello Spirito e può arricchirci l'un l'altro contribuendo ad uno scambio spirituale. Questa impostazione essenziale del pensiero porta con sé la conseguenza logica che le differenze tra le diverse tradizioni che confluiscono nella diversità dei credi religiosi devono essere viste come una ricchezza e guardate con rispetto. Volerle eliminare non ha senso perché così facendo si costruirebbe una sorta di super religione che altro non sarebbe se non una nuova religione imposta e non accolta.

La Chiesa Cattolica , nel suo dialogo interreligioso, spinge i membri della Chiesa ad entrare con prudenza, umiltà e carità nella discussione e nella collaborazione con i membri delle altre religioni. Chiede di fare in modo che l'identità essenziale di ognuno non sia impoverita, ma venga rafforzata dall'occasione di incontro con persone che hanno una comprensione diversa delle verità religiose.

Il fine comune da cercare allora diventa quello di entrare nella logica di Dio abbandonando la certezza di essere gli unici depositari della Sua volontà e imbrigliando così il Suo pensiero nel nostro pensiero e nei nostri limiti.

Il Vangelo stesso ci indica la via dell'umiltà, del non giudizio, del rispetto reciproco, del ripudio delle apparenze per accogliere invece lo sconvolgimento delle regole costruite dagli uomini, ci propone la rivoluzione dell'accoglienza, ci suggerisce la legge dell'amore e della fraternità aperta a tutte le creature, anche a quelle di un credo e di una provenienza diversa. E' rilevante in questo contesto la parabola del Buon Samaritano su cui si è fermato lo Spirito illuminante di Dio tanto da essere additato ad esempio di amore e carità da Cristo anche se appartenente ad una razza considerata impura, ad una cultura emarginata, ad una fede considerata fuori dalla religione accreditata.

Le regole indicate da Dio alla Chiesa universale che accoglie il credo di tutte le religioni sono allora quelle della carità, dell'amore e della fratellanza, queste ci portano a riconoscere l'azione di Dio nei seguaci di tutte le religioni e nelle religioni stesse e mettono in azione uno spirito di umiltà che esclude ogni tentativo di convincere l'altro, ogni tentativo di convertirlo, di attirarlo verso una fede diversa per raggiungere quel Dio che è già presente nel suo percorso religioso e nella sua fede. Solo seguendo queste regole semplici, chiare, alla portata di tutti e comuni a tutti, il dialogo può raggiungere un livello profondo e guidare i credenti in Dio a conoscere le loro diversità ma anche le loro convergenze, a condividere l'amore per l'Assoluto che è comune, a mettersi in sintonia con la voglia del bene dell'altro e della chiamata di Dio che accomuna tutti gli uomini.

Il pensiero va alla Beata Madre Teresa di Calcutta che seppe usare queste semplici regole di vita per attirare a sé tutte le genti a qualsiasi fede e cultura appartenessero e va a tutte le persone innamorate di Dio che sanno riconoscerLo nell'altro senza discriminare, senza farsi domande, ma amandolo e sostenendolo nel bisogno e condividendo con lui gioie e dolori.

In una società pluralistica come la nostra è essenziale vincere i pregiudizi e le generalizzazioni, sforzarsi di conoscere le tradizioni culturali e religiose altrui, cercare nell'altro la persona, l'essere umano come noi, con le sue debolezze e le sue qualità, in modo da superare le diffidenze reciproche che si sono formate attraverso secoli di storia non sempre edificante.

Sui grandi temi come la pace, il rispetto dei diritti umani, 1' equo commercio, l'opposizione alla discriminazione, il disarmo, gli ecosistemi, il rispetto della dignità umana, il diritto alla vita, l'abolizione della pena di morte, i valori morali, la libertà di pensiero, l'autodeterminazione eccetera si può intessere un dialogo comune per cominciare a conoscersi e a rispettarsi.

Il lavoro comune per obiettivi comuni potrebbe certo rafforzare il rispetto reciproco; il programmare insieme gli interventi necessari ad una giustizia più giusta e ai bisogni primari dei popoli potrebbe creare un clima di credibilità reciproca.

Lo tznnami del Dicembre del 2006 ha portato alla luce che la collaborazione fra persone di culture e credi diversi può essere vincente se messa a servizio dei bisognosi. Purtroppo è stata una esperienza legata ad un solo territorio e ad una emergenza, ma potrebbe essere presa come esempio per intessere una rete di legami più solidi e duraturi tra i popoli.

Quanto su esposto mi porta alla conclusione che il dialogo interreligioso che fa proprio il mosaico dell'intercultura nel rispetto dell'altro e non si propone quindi come uno strumento di conversione da una religione all'altra, ma chiede la mutua conoscenza e la condivisione delle proprie ricchezze spirituali, sia un punto di forza nel cammino verso un progresso sociale vero e verso la costruzione di una pace duratura tra le genti perché esso parte dalla cultura e non dalla religione.

Esso presuppone però un movimento che, pur partendo dalla Autorità della Chiesa che lo fa proprio e lo divulga, sia recepito, condiviso, messo in pratica da tutti i credenti non come imposizione di nuove regole, di un nuovo indirizzo o di una nuova politica planetaria, ma come moto spontaneo che nasce da una profonda comprensione delle parole del Vangelo, da una maturità morale e spirituale messa in pratica nella vita quotidiana. Solo convertendo sé stessi allo Spirito evangelico si può possedere la libertà necessaria al rispetto della libertà altrui, solo facendo propri l'umiltà e lo spirito di servizio consegnatici da Cristo i cristiani saranno in grado di avvicinarsi con rispetto al pensiero e alle tradizioni religiose di chi ha un credo diverso considerandolo fratello in quanto figlio dello stesso Dio, solo guardando l'altro con lo sguardo penetrante del Maestro che leggeva i moti del cuore si può andare al di là dell'abito, delle devozioni, dei segni esteriori dell'altro, e scorgere in lui una creatura con un cuore di carne capace di emozioni come le nostre, di slanci come i nostri, di una ricchezza interiore che ci accomuna nello Spirito che

anela allo stesso Dio. Voglio dire in breve che il dialogo interreligioso deve superare la fase del dialogo e diventare vita quotidiana vissuta dall'uomo, deve quindi cominciare all'interno della propria religione come esperienza di vita per poi allargarsi al mondo. Se il dialogo non coinvolge tutto il corpo della Chiesa e rimane relegato alle sue Autorità non si trasformerà mai in vita e non porterà alcun frutto.

I soli mezzi pratici che permettono di realizzarlo e creare quei ponti essenziali di comprensione tra le persone e i popoli sono quelli messi a disposizione dall'Umanesimo: essi si basano sulla chiarezza dei rapporti, sulla fiducia reciproca, sul sapersi ascoltare, sulla prudenza e sulla pazienza, sulla carità e sul rispetto delle diverse identità, ciascuno al suo posto con i propri talenti da investire per il bene dell'altro, per una crescita comune e per il progresso umano.

Attraverso questi mezzi che sono bagaglio dell'umanità in quanto doni di Dio a tutti i suoi figli da Lui creati a Sua immagine e somiglianza si può consolidare ciò che di positivo c'è nel mondo, superare con buona volontà tutto ciò che ferisce, degrada e impoverisce l'uomo, stabilire il rispetto reciproco e rafforzare la cultura della pace.

 

 

DTM

Il tema dell’ascolto e dell’accoglienza  si applica in tutte le relazioni sociali familiari aziendali Solo sapendo ascoltare si può capire e attivare una relazione matura e serena.

 La dott.ssa Paola Mattogno Liuni sul tema dell’ascolto e dell’accoglienza ha una lunghissime ricca esperienza e pratica.. 

 Laureata in Lingue e Lettere Straniere (tedesco e francese), specializzata in storia e letteratura contemporanea presso Università di Bonn (1964) è stata responsabile per il settore linguistico nel comitato scientifico didattico del Ministero Pubblica Istruzione per il monitoraggio didattico del progetto del Primo Liceo Unitario Sperimentale  e docente di letteratura italiana contemporanea presso la Scuola Superiore di Worms, Germania .

  Nel 1995 ha iniziato l’attività di volontariato presso l’associazione Archè e dal 2000 ne è vicepresidente

Dal 1989 Archè si occupa di bambini e ragazzi sieropositivi con disagio psichico e sociale in Italia e nel sud del mondo

 Mi ha molto colpito una frase che ho letto sul calendario pubblicato da Archè nel 2008: È bene saper ascoltare i silenzi e saper attendere delle risposte che magari arrivano in tempi e modi diversi da quelli che noi ci attendiamo.

 Ritengo questo un livello superiore di ascolto, di porsi rispetto agli altri

 

Paola Liuni

E’ un’impresa per me parlare dopo tutto quello che è stato detto, ma quanto è gia stato detto mi aiuta a sintetizzare moltissimo. Parlando prima dell’incontro con Daniela mi interrogavo sul merito del mio intervento per quanto riguarda questa problematica complessa che la realtà sociale di oggi si trova ad affrontare che è l’intercultura. E’ stata ottima la precisazione iniziale di Giovanna Spagnuolo parlando di intercultura come cultura dentro le molte culture non di multicultura che invece sembrerebbe presupporre l’osservatore che osserva a distanza altri che si comportano e rappresentano culture diverse.

L’Italia  tra l’altro, col suo protendersi in un territorio come quello del Mediterraneo di fronte all’Africa come avamposto dell’Europa rappresenta culture diverse  che accolgono culture diverse che arrivano. Questo in Italia è sempre avvenuto, l’Italia è stata un Paese in cui tante culture, tanti popoli sono arrivati e anche quando sono andati via hanno lasciato parti fondamentali della loro arte, storia, filosofia.

 Quanto detto sembrerebbe diverso rispetto a quello che noi facciamo come associazione di volontariato, ma non tanto: perché proprio perchè siamo aperti e disponibili ad ascoltare altri diversi da noi senza pregiudizio e non posso dire senza paura ma accogliendo anche i momenti di paura che non ci hanno impedito di stare accanto a loro,  noi abbiamo iniziato ad occuparci di una realtà complessa che era quella della sieropositività: una  malattia multidisciplinare anche nel suo intervento, perchè la patologia della sieropositività non ha solo bisogno di medici ma ha bisogno soprattutto che una politica sociale ampia di intervento completo multidisciplinare possa starle accanto. Per fare cosa ? Perché ad un bambino che nasce siero positivo non viene mai comunicato che è un bambino sieropositivo, ci vorranno tanti anni, purtroppo avrà un percorso di tante bugie, adulti accanto a lui che non riescono a parlare per paura, altri non riescono a parlare per pregiudizio, la famiglia non potrà comunicare perché il pregiudizio che è accanto a questa patologia è un pregiudizio che non accoglie, non consente l’accoglienza, ed è per questo che questi primi bambini che ci  hanno chiesto giochi con me? hanno ricevuto da noi una risposta immediata: Si gioco con te, ma non è stata la sola. Non ci siamo fermati solo a giocare, perché non bastava. Era chiaro che nessuno giocava con quei bambini perché aveva paura, ed allora camminiamo insieme ad altri per rimuovere gli ostacoli  che generano la paura. Non ci siamo ancora riusciti. Sono passati quasi 20 anni,  la società cammina con tempi lunghi e bisogna comunque aspettare senza perdere la speranza.

 

Noi lavoriamo molto anche molto nelle scuole negli ospedali dei bambini per dare la nostra testimonianza, per cercare di costruire con altri questa ”contaminazione” di cui ho sentito parlare oggi, contaminazione di territori diversi: di famiglie, di ragazzi rendendoli più liberi dai pregiudizi facendo informazione continua, completa che oggi manca e che quindi ne alimenta di nuovi.  E proprio comunque avendo camminato in un territorio che ci ha abituato a rispondere e prendersi cura senza dire perché proprio io? …, non compete a me…, io non me ne posso occupare… e proprio camminando in questo percorso, prendendosi cura dei ragazzi in ospedale  che abbiamo incontrato un altro gruppo di persone, le famiglie immigrate che arrivavano con il loro carico di sofferenze e di ignoranza e di incapacità di poter godere delle politiche e dei diritti dell’uomo: diritto alla cura, alla salute, ad essere considerati comunità, accanto a queste famiglie che, ad esempio, non sono potute arrivare al giusto momento alle cure e che quindi hanno bambini che nascono ancora oggi  infetti. Accanto a queste famiglie abbiamo imparato cercando di capire come far passare a loro il messaggio che è di un’altra cultura: la cultura occidentale della cura. Ci sembrava paradossale che noi, grande Paese, grande popolo accogliente, offrivamo delle cure e che queste persone non ne facevano completamente uso. E ci siamo messi ad ascoltare: l’ascolto che diceva “perché?” non poteva bastare. Se ti chiedo: perché lo fai? se sei in una situazione di disagio che mi  hai già dichiarato, mostrandomi tutta la tua debolezza, io non ottengo nessun passaggio tra noi; tra me e te non passerà nessun messaggio: noi desideravamo che quel bambino prendesse le medicine, che quella mamma capisse qual’era la cura e per far questo dovevamo entrare in culture completamente  diverse, capire che cos’è prendere una medicina in Africa, che cos’è prendere una malattia semplicemente perché hai avuto una trasfusione, che cosa vuol dire portarsi dietro un corpo con un segreto che è un segreto pericoloso.

Questi sono i linguaggi che abbiamo incontrato e attraverso questi linguaggi abbiamo cercato di costruire con loro delle relazioni perché l’essere umano è un essere sociale e noi esseri sociali abbiamo bisogno di relazioni. Con queste famiglie, con questi primi bambini che ho tenuto in braccio e che oggi sono diventati grandi, non tutti, ma una certa parte, noi abbiamo costruito dei percorsi che fossero facilitatori di relazioni.

Perché sappiamo cosa significa fare un cammino che significa prendersi in carico questo corpo, convivere con questo, e, continuamente, prendersi cura del proprio benessere.

Non potrà essere sempre Archè a far questo ma dovranno anche affrontare la società, dovranno essere più forti, dovranno avere più relazioni con gli altri perché è la relazione questo bene sociale, questo capitale sociale che noi possiamo mettere in moto se siamo in tanti perché servono tanti, diversi personaggi per creare queste relazioni, di diversa cultura e diverse saranno le relazioni che costruiremo con il cittadino immigrato che si è sentito accolto e tanto meglio riusciremo a incontrare noi stessi.

Quanto più conosceremo gli altri, quante più cose faremo, tanto più scopriremo quante cose sappiamo fare e che pensavamo di non essere in grado di fare.

 Io l’ho scoperto sulla mia pelle in Archè. Sono entrata pensando che non avrei mai potuto stare accanto ad un bambino che soffriva, sarei andata soltanto per poco, soltanto per giocare con lui in ospedale. Nel fare, nel poter fare, nell’imparare a saper fare, da loro ho imparato, ho ricevuto tanta ricchezza, è questa la grande risorsa dell’intercultura: imparare il tanto diverso da noi che abbiamo dentro, tutti di noi.

 Diceva Padre Renzo: ho imparato che in 5 anni di carcere che in ogni persona c’è una parte di bene con la quale mettersi in contatto. Ma era il suo bene che si metteva in contatto con quella parte di bene. Questo contatto è la nostra sfida.

 Tante volte ci sono delle persone che ci dicono: ci sono altri che si potrebbero occupare di questo.., magari riposati un po’ …, perché avete tante cose da fare?...tanti bambini, tante ragazze.

Io dico: La domanda non è questa. La domanda io vorrei che fosse: posso venire anch’io?  

Vorrei leggere una frase che ha scritto una nostra volontaria, mediatrice culturale, operatrice sociale algerina che ha vissuto sulla sua pelle tutte le contraddizioni di essere considerata culturalmente italiana come operatore ma di dover affrontare tutti problemi di uno straniero.

Lo straniero che va per il mondo si fa il più piccolo ed il più invisibile possibile per poter sopravvivere e ci vuole molto tempo prima che si senta a suo agio e che non abbia paura e se non si è già annullato da solo allora potrà uscire allo scoperto ed arricchire di sé il mondo degli altri  che potrà diventare a questo punto anche il suo.

   

DTM

Ringrazio Paola che ci ha  affascinato con la sua relazione, con il suo invito all’azione così condiviso come pensiero ma anche con la sua capacità di azione che non tutti abbiamo ma forse desidereremmo avere.

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 Il pomeriggio è proseguito con un ampio dibattito con il pubblico che è intervenuto numeroso sui diversi aspetti trattati ponendo domande ai relatori e portando anche esperienze personali nei diversi campi dalla geopolitica alla formazione, dal volontariato all’associazionismo e stimolando le socie della Fidapa a proseguire il discorso anche con interventi concreti sia a livello personale che con il loro impegno attivo nella società.

 

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